Fritz-Albert Popp, nato a Francoforte sul Meno in Germania nel 1938 e recentemente scomparso, è stato un ricercatore tedesco nel campo della biofisica, pioniere della teoria dei biofotoni.
Forte del suo curriculum ricco di studi, esperienze e ricerche, Popp è stato infatti tra i primi al mondo a condurre degli esperimenti che confermassero l’esistenza dei biofotoni.
I biofotoni sono delle particelle di luce, prive di massa, che trasmettono informazioni all’interno e tra le cellule.
Popp ha evidenziato come il DNA di una cellula vivente immagazzini e rilasci fotoni, creando delle vere e proprie emissioni biofotoniche, che possono rappresentare la chiave della salute e della malattia.
Autore di ben 8 libri sull’argomento, i suoi oltre 150 articoli e studi pubblicati sulle riviste scientifiche affrontano, oltre che la teoria dei biofotoni, questioni legate alla fisica teorica, alla biologia e alla medicina complementare.
Già nel 1970 Popp si occupava delle radiazioni elettromagnetiche e della loro interazione con i sistemi biologici. Fondatore dell’Istituto Internazionale di Biofisica (IIB) a Neuss, in Germania, ha formato una rete mondiale di ricerca costituita da biologi, chimici, medici e fisici impiegati in 14 diverse università e istituti governativi.
La scienza dei biofotoni è in sostanza una branca della biologia quantica che si occupa dell’interazione tra i singoli fotoni e la materia biologica, al fine di comprenderne il funzionamento all’interno delle cellule e dei tessuti negli organismi viventi.
E’ stato Popp stesso a coniare il termine “biofotoni”, che si riferisce ai fotoni coerenti emessi dagli organismi biologici. L’emissione biologica di fotoni (biofotoni, appunto) descrive proprio l’emissione ultraridotta permanente (1-100 fotoni / sec / cm2) di fotoni coerenti (bloccati in fase o in frequenza) dai sistemi viventi.
Popp considerò che questo fosse un fenomeno biologico quantistico con carattere bio-informativo distinto dall’emissione non coerente di fotoni come sottoprodotti del metabolismo, come radiazione termica e bioluminescenza causata dalle radiazioni radicali o dall’ossidazione.
I biofotoni consistono di luce con un alto grado di ordine, che si può considerare come una sorta di luce laser biologica. Si tratta di una luce molto silenziosa che mostra un’intensità estremamente stabile, senza le fluttuazioni che di norma si osservano. A causa della loro forza di campo stabile, le onde si possono sovrapporre e, in virtù di questo, diventano possibili effetti di interferenza costruttiva e distruttiva che non si verificano nella luce ordinaria.
Questa emissione ultradebole che coinvolge tutti i sistemi biologici, uomo incluso, si verifica nella parte visibile dello spettro elettromagnetico dell’ultravioletto, a intensità ultra basse, nell’ordine di 10-16 10-18 W/cm2.
L’emissione coerente di biofotoni è associata ai processi di trasferimento di energia e di informazioni negli organismi biologici ed è stata collegata alla funzione del DNA e alla regolazione genica.
La scelta della luce ultravioletta
Il Dr. Popp scelse di lavorare in modo specifico con la luce UV sulla base degli esperimenti precedenti del russo Alexander Gurwitsch che, lavorando già nel 1923 sulle cipolle, scoprì che le radici potevano stimolare quelle di una pianta vicina se poste adiacenti e in vasi di vetro di quarzo. Ciò non accadevano se riposte in contenitori di silicio. Il silicio filtra le lunghezze d’onda UV, al contrario del quarzo. Gurwitsch teorizzò che le radici di cipolla potessero comunicare tra di loro attraverso la luce ultravioletta.
Tutte le vibrazioni di energia fanno parte dello spettro elettromagnetico e includono energia elettrica, calore, suono, luce, onde radio e onde radioattive. La luce UV è solo una piccola porzione dello spettro di energia elettromagnetica, con una lunghezza d’onda molto corta.
Il Dr. Popp scoprì che il benzo[a]pirene (molecola che produce il cancro) assorbiva la luce UV. Se riemessa ad una frequenza diversa, le cose cambiavano. Il benzo[e]pirene (innocuo per l’uomo) lasciava che la luce UV l’attraversasse inalterato. Sorpreso da questa differenza, Popp continuò a sperimentare, eseguendo il test su 37 diverse sostanze chimiche, alcune cancerogene, altre no, fino ad arrivare a prevedere quali avrebbero potuto causare il cancro. La cosa comune è che una volta ricevuta la luce UV i composti cancerogeni cambiavano di frequenza. Inoltre, ogni agente cancerogeno reagiva solo alla frequenza specifica della gamma dell’ultravioletto, pari a 380 nm.
Dopo una rilettura di una vasta letteratura scientifica sulle reazioni biologiche umane, Popp si imbatté nel fenomeno della fotoriparazione.
La luce nel corpo
Questa scoperta sconvolse Popp, che ne scrisse un articolo su una prestigiosa rivista medica. A quel punto, insieme a uno studente, Bernhard Ruth, provò a dimostrare che il corpo umano emettesse questa medesima luce. Ruth, un fisico sperimentale, penso che l’idea fosse ridicola all’inizio. Per questo si mise al lavoro per costruire delle attrezzature adatte a confutare l’ipotesi di Popp.
Nell’arco di 2 anni, Ruth mise a punto una macchina simile a un rilevatore di raggi X che utilizzava un fotomoltiplicatore per misurare la luce, fotone dopo fotone. Questo strumento particolarmente sensibile fu in grado di rilevare questa emissione ultradebole.
Da dove proveniva, però, questa luce? Dal DNA! Questo dato fu evidenziato da un esperimento condotto da un altro studente utilizzando del bromuro di etidio e misurando l’emissione di luce una volta applicata la sostanza a dei campioni di DNA. E’ come se il DNA fosse un diapason del corpo. Se emette una certa frequenza, per risonanza anche altre molecole fanno lo stesso.
Il cancro è la perdita di luce coerente
Dopo avere studiato l’emissione dei biofotoni in un campione di individui sani, Popp si domandò che tipo di emissione si potesse rilevare nelle persone malate. Si concentrò in particolare su soggetti affetti dal cancro. Con il suo fotomoltiplicatore rilevò come questi pazienti avessero perso i loro ritmi naturali e la loro coerenza. Le linee di comunicazione interna tra le cellule era disordinata, come se queste fossero disconnesse. Come conseguenza, la luce si stava disperdendo.
Con la Sclerosi Multipla, le cellule annegano nella luce
All’opposto, è stato osservato come chi è affetto da Sclerosi Multipla presenta un ordine eccessivo, come se i pazienti assorbissero troppa luce, inibendo allo stesso modo la capacità delle cellule di eseguire il loro lavoro. Troppa armonia cooperativa impedisce la flessibilità del singolo: se troppi soldati marciano su un ponte, finiscono per farlo crollare. La perfetta coerenza è uno stato equilibrato di caos e ordine.
Popp esaminò anche gli effetti dello stress. In un sistema sotto stress aumenta il tasso di emissione di biofotoni, come meccanismo di difesa che ha l’obiettivo di ripristinare l’equilibrio del paziente.
La terapia
Questa scoperta porta con sé delle ampie possibilità di applicare la luce su particolari aree della pelle a scopo curativo. La luce – o fotoni – emessi da speciali strumenti di irradiazione viene assorbita dai fotorecettori della pelle, viaggiano attraverso il sistema nervoso e raggiungono il cervello, per sostenere la regolazione del nostro corpo energetico. Stimolando determinate aree del corpo con emissioni specifiche di luce, si possono ottenere risultati soddisfacenti nel trattamento di diverse problematiche, a cominciare dal dolore, fino al sostegno di un processo di guarigione che può riguardare tutto il sistema.
Ci sono voluti anni perché questa teoria fosse accettata e per riunire intorno a Popp una complessa rete di ricerca, a cui ha collaborato anche il suo collega e amico Peter Mandel, il quale proprio sulla base della teoria dei biofotoni ha messo a punto il suo efficace sistema di cromopuntura esogetica.
Oggi questa rete di ricerca, pur senza più una mente fervida come quella di Fritz-Albert Popp, prosegue incessante il suo lavoro, al fine di ampliare la scoperta e far sì che sia accettata sempre più anche in un ambiente accademico più tradizionale.
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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fonte: IUMAB
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