Ogni volta che ci si ritrova a ridosso delle vacanze o estive o natalizie o pasquali il dilemma nelle famiglie con figli in età scolare sono i compiti a casa.
Non è questo che abbiamo intenzione di discutere ulteriormente, seppur le idee chiare le abbiamo in proposito e sappiamo dove posizionare le nostre opinioni pedagogiche a riguardo. Ciò che qui preme invece evidenziare è la differenza fra scuola e famiglia e perciò fra contesti ambientali con le loro specifiche proprietà e caratteristiche uniche per ciascun versante. Ed è ciò che ai genitori conviene considerare per il benessere psicofisico dei propri figli in funzione del loro profitto scolastico, ma ancor più per il loro successo umano ed intellettivo.
Ebbene, a scuola come a casa si costruiscono due scenari che necessariamente devono essere complementari e non contrari l’uno all’altro. Tra loro è il dialogo il mezzo comunicativo e non il dibattito. Ciò implica in primo luogo la collaborazione fra i due contesti che sono entrambi ambiti educativi privilegiati. Il primo a tutto tondo, il secondo è focalizzato sull’istruzione.
I genitori, per una buona collaborazione con la scuola, devono innanzitutto adottare il rispetto per l’istituzione scolastica, buone regole di convivenza e capacità di confronto con essa. La scuola ha degli obblighi, delle responsabilità, dei programmi da seguire ed ultimare entro tempi determinati. I bambini ed i ragazzi a scuola sono coordinati da insegnanti e docenti che li conoscono sotto punti di vista spesso sconosciuti ai genitori stessi perché i primi leggono i loro alunni/allievi principalmente sotto la lente delle loro capacità cognitive e di apprendimento.
Ogni allievo o alunno è un discente a cui offrire strumenti la cui conoscenza ed il cui uso gli permette di acquisire competenze specifiche per comprendere il mondo, sistematizzarlo e modificarlo per un bene comune e sociale, attraverso una professione futura che lo posizionerà accanto ad altre. Il traguardo futuro consiste nel lavoro sinergico tra le future professionalità che dovrebbe dar vita alla società democratica ed evoluta del domani.
La scuola, d’altronde, deve riconoscere alla sfera familiare e ai genitori in particolare, la specificità delle loro responsabilità che attiene alla cura affettiva, morale, materiale, alla protezione, alla tutela e all’educazione globale. I genitori, più degli insegnanti, conoscono i propri figli non tanto per le loro capacità quanto per le loro potenzialità. Sotto questa ottica il proprio figlio è una persona originale in se stessa che, emotivamente accettata senza condizioni, può esprimere il meglio di Sé.
I genitori conoscono pregi, difetti, valori, profondi dell’animo dei loro figli ed adottano una doppia lente per leggerli al meglio. La prima è l’accettazione incondizionata, l’affetto, l’attaccamento, insomma l’Amore puro. Una lettura che ha origine nel nido familiare, viscerale che non ha bisogno di interpretazioni. L’altra lente è trasmessa dal lavoro che a scuola si fa, da un’interpretazione che soggetti educanti esterni (insegnanti e docenti) fanno del prodotto biologico, o educativo in generale, di altri soggetti educanti (i genitori). Per semplificare, il figlio che esce e affronta la società (scolastica, dei pari, dei media, dei social) torna a casa diverso ed “interpretato” da altri, ma modificato comunque. È il gioco della genitorialità: non si è padroni dei propri figli, ma si educa qualcuno che è soggetto anche a modifiche esterne.
A casa si hanno figli da seguire, quindi, nell’emersione e nello sviluppo di quel potenziale che li trasformerà in esperti talentuosi di qualche specifica materia che un giorno li vedrà professionisti in qualcosa, ma soprattutto li vedrà donne e uomini migliori degli stessi adulti di riferimento. I genitori sono il primo modello ed il loro comportamento (coerente e limpido) sarà di riferimento per i figli.
In ciò sta la scelta dei figli di emulare o contrastare il modello. La limpidezza e la coerenza sono direttamente proporzionali all’assorbimento di qualità migliori nei figli. Se a casa il rapporto fra le due agenzie educative è rispettato, la critica negativa non la farà da padrona, quanto piuttosto la costruzione di modelli migliori. Impegno, rispetto degli orari, concentrazione, sintesi del lavoro svolto, sviluppo di argomenti di interesse, ecco cosa sono i compiti a casa. Se a scuola il rapporto fra le due agenzie educative è rispettato, la parte di responsabilità che attiene agli interessi da approfondire per migliorare le persone che stanno dentro ai discenti, è lasciata e affidata ai genitori e non delegata a loro col rischio di generare ambiguità nei figli stessi.
Dalla teoria alla pratica
Ma proviamo a capire come gestire i compiti a casa in modo più obiettivo possibile e che sia funzionale sia al legame filiale sia al profitto e all’istruzione (che è parte dell’educazione).
I genitori prima di tutto sono parte attiva dell’educazione quotidiana dei loro figli, con loro trascorrono di regola più ore delle ventiquattro giornaliere. Il pomeriggio in particolare è un tempo critico e sensibile per il bioritmo individuale di ogni bambino e ragazzo. Il rispetto dei ritmi sonno-veglia, dei tempi di studio e dei tempi dedicati allo svago o allo sport o a qualsiasi altro ambito ricreativo è compito dei genitori.
Quindi, la gestione del tempo a casa è parte della gestione familiare e genitoriale. È una preoccupazione della mamma e del papà capire se è tempo di mettersi a sedere per fare i compiti o se è tempo di un riposo rigenerante ovvero se è il momento di una condivisione su episodi vissuti nella mattinata che devono essere sciorinati, indagati e emotivamente metabolizzati. Quest’ultimo è un passaggio cruciale! Se è avvenuto qualcosa che emotivamente ha scosso il bambino o il ragazzo, non è il caso di rimandare, sorvolare o sminuire. Nessun compito logico razionale può essere fruttuoso se il piano emotivo è perturbato. È semmai da ostacolo all’apprendimento sereno ed efficace di qualsiasi argomento e materia.
A casa i bambini ed i ragazzi non devono studiare, ma recuperare il lavoro svolto a scuola con metodo e sistematizzarlo. Stare accanto ai figli mentre si svolgono i compiti a casa significa anche verificare se loro stiano studiando solo per la prestazione scolastica, se cioè stiano esercitando un apprendimento difensivo, se stiano concentrandosi sul superamento di una verifica, senza apprendimento efficace. I genitori sono chiamati ad essere da supporto e a verificare se a casa si dedica il tempo necessario a completare, approfondire e ad assimilare i contenuti elaborati. Non sono gli insegnanti dei loro figli, ma sono un modello da emulare e da contrastare con argomentazioni appropriate. Pensiamo al periodo adolescenziale in cui lo spirito di contraddizione e di contrasto verso abitudini mentali e comportamentali dei genitori appaiono vetuste agli occhi dei ragazzi. In quel caso alcuni genitori perdono le occasioni educative che reciprocamente portano ed una evoluzione intellettiva.
L’assolutizzazione del pensiero astratto ( ideologie, omologazione di comportamenti, ecc. ) dell’adolescenza è un fertile terreno di crescita per gli adulti di riferimento che con grande diplomazia, coerenza (ecco! La coerenza fra il dire ed il fare!) e pazienza, sono chiamati a contestualizzare le idee astratte, aiutando i loro figli a calarle nella pratica quotidiana (“fai i compiti ora ‘che dopo non lo trovi il tempo se sei stanco”, “tieni in ordine la tua stanza che se ne avvantaggia l’ordine mentale!”, “Abbi cura delle tue cose costantemente, avranno più valore per te!”).
E, per concludere, vediamola così: l’intervento dei genitori favorisce l’apertura mentale, stimola la curiosità e l’attenzione, consolida la metodologia di studio e (evviva!) l’autonomia dei figli.
Se questa non è una ricetta, almeno è uno spunto di riflessione, sempre relativo. Ogni agenzia educativa ha tanta autonomia nel proprio ambito e può costruire tanta creatività che favorirebbe i propri figli e i propri allievi/alunni producendo arricchimento su tre versanti: scuola, famiglia e futuro.
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Articolo di Marzia Colace per generazionebio.com
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