Karl Jaspers fu uno psichiatra e filosofo tedesco che teorizzò una filosofia “fuori dal tempo”, intesa come ricerca sempre aperta del senso dell’esistenza e della natura antinomica dell’uomo.
“Vita” è il concetto nel quale si riassumono le perplessità e le preoccupazioni di Jaspers come futuro medico e psichiatra.
Il principio fondamentale su cui si basava la psichiatria del tempo era quello secondo il quale le malattie mentali fossero il frutto di una lesione o affezione del sistema nervoso.
Karl Jaspers, già nei suoi primi studi psichiatrici, cerca altre prospettive da cui guardare la malattia mentale: pensare che un disturbo psichico possa avere origine esclusivamente da una lesione organica è per lui un’ipotesi riduzionistica.
Il sintomo, secondo Jaspers, non è soltanto la manifestazione di cause organiche, ma anche un vero e proprio simbolo.
Esso ci parla della storia del paziente, della sua origine, dell’ambiente in cui vive, del suo mondo interiore ed esteriore, in una parola appunto, della sua “Vita”.
A travolgere l’esistenza delle pazienti che incontra durante la sua esperienza nella clinica di Heidelberg, è la psicosi: sono donne che ad un certo punto compiono quelli che Jaspers chiama “i delitti della nostalgia”.
Sono giudicate “folli”. Ma ciò che interessa a Jaspers non è la classificazione della malattia o la nosografia: non essendo fedele alla tradizione organicistica della psichiatria tradizionale, non si limitò ad un’indagine puramente scientifica dei fenomeni psichici.
Egli rivolge la sua attenzione all’uomo in quanto “uomo” e non in quanto oggetto di analisi scientifica.
Il medico ha l’obbligo di conservare <<quel senso di umanità attenendosi alla convinzione che ogni singolo uomo è infinito>>.
L’indagine filosofica del pensatore tedesco è il risultato quindi di una profonda introspezione, la quale prende forma in “Psicologia delle visioni del mondo“.
Il libro non vuole insegnare a vivere, piuttosto è un incitamento alla conoscenza del nostro vero sé, incagliato nei cosiddetti “involucri Jaspersiani” che altro non sono che condizionamenti sociali, culturali, familiari.
Si prefigge di offrire dei mezzi di orientazione rivolti a coloro che fanno esperienza della vita come responsabilità personale.
Quella di Jaspers è una filosofia anti-accademica, che fa appello alla libertà del singolo individuo, in quanto soggetto attivo e non passivo della propria vita.
Egli ha sempre focalizzato la sua attenzione sull’uomo che non è soltanto pura estensione corporea, come affermano invece i padri fondatori delle scienze moderne (prendiamo come esempio Descartes), ma il risultato dell’equilibrio di mente, corpo e spirito.
Il risultato di tale armonia non è sicuramente esente da sofferenze o turbamenti dell’anima.
E’ piuttosto una conquista dei più coraggiosi, di coloro che hanno compreso il dono dell’esistenza e che si sono via via spogliati di quei condizionamenti che imprigionano il nostro vero “io”.
Il senso dell’esistenza, secondo Jaspers, è da ricercare, paradossalmente, in quelle che lui definisce <<situazioni-limite>>.
Nelle situazioni in cui ci sembra di <<naufragare>> abbiamo in realtà la possibilità di evolvere come persone, di fuoriuscire dalla nostra zona di comfort e fare un salto di coscienza.
Tale salto esorta l’uomo all’ascolto di sé, all’accettazione delle proprie contraddittorietà al fine di trovare una soluzione che sia in nostro potere.
Soltanto così possiamo risolvere il “problema” della “ricerca del senso”, che è sempre relativo proprio perché soggettivo.
E’ nel dolore, nelle situazioni conflittuali che abbiamo la possibilità di <<trascendere>>, sostiene Jaspers.
Per non essere sopraffatti dalla sofferenza è necessario non identificarsi con essa. Porsi al di fuori della propria sofferenza, guardarla dall’esterno, ci aiuta a non alimentarla. E non alimentare la propria sofferenza significa oltrepassarla, trascendere.
Di fronte alla caducità di ciò che è materiale, di una disfatta o di un fallimento, possiamo scorgere la possibilità di una vita autentica: questo sembra essere uno degli insegnamenti del filosofo tedesco.
Le azioni concrete, che possiamo compiere in questi frangenti, ci danno la possibilità di fuoriuscire dalla condizione di vittime guardando agli eventi spiacevoli con risolutezza.
Perseguire degli obiettivi anche piccoli, ma quotidianamente, aiuta a riprendere contatto con la realtà che nella sofferenza ci sembra quasi alienata (la sofferenza viene amplificata dai nostri pensieri che sono generati dalla nostra mente).
Guardare alla soluzione e non al problema.
Ci vuole sicuramente uno sforzo, che eventualmente può essere supportato da un percorso con un bravo terapeuta, il quale offre, in termini jaspersiani, semplicemente dei mezzi di orientazione, una bussola per la ricerca del “proprio senso”, nel totale rispetto dell’individualità e dell’ecologia della persona che si rivolge a lui.
La Cromopuntura è una tecnica olistica molto valida in questi casi. E’ una forma di psicologia non verbale, come afferma il padre fondatore Peter Mandel: aiuta a rielaborare i conflitti e le convinzioni limitanti che sono dietro i nostri sintomi e le nostre sofferenze, al fine di integrarli all’interno di noi stessi e superarli.
Il lavoro filosofico, supportato nella praticità da tecniche complementari come la cromopuntura, consiste proprio nel valutare la validità di una determinata visione che imponendosi come verità assoluta finisce con il condizionarci, vivendo una vita “non propria”.
Tutte queste “belle parole”, trovano fondamento solo in coloro che <<principiano a meravigliarsi>>, afferma il pensatore tedesco Jaspers.
Esse si concretizzano in coloro che riflettono su se stessi, negli uomini che fanno della responsabilità personale una massima di vita.
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Articolo di Francesca Giaracuni per generazionebio.com
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