Nel corso dei secoli, la luce del Sole è stata al centro dell’attenzione di moltissime civiltà antiche, grazie alla sua capacità di alimentare la vita.
Oggi, questa tendenza è sempre più confermata dalle scoperte in ambito scientifico, le quali hanno fatto strada ad uno sviluppo sempre più ampio di alternative affidabili anche nel mondo della medicina.
Uno dei pionieri dell’uso della fototerapia fu, senza dubbio il premio Nobel Niels Ryberg Finsen che la applicò, in particolare, sui pazienti affetti da lupus. Il medico danese concentrava i fasci di luce ultravioletta per trattare i pazienti che soffrivano di lupus vulgaris, che attacca specialmente il viso e il collo.
A partire da questa esperienza, molti sono stati gli studi sviluppati allo scopo di comprendere meglio gli effetti della luce nella cura delle malattie.
Per questo motivo, sia la luce naturale del sole, la cosiddetta elioterapia, che quella artificiale prodotta da specifiche lampade, la fototerapia, sono diventate popolari come forma di trattamento, già nel lontano 1920. Questo stimolò l’apertura di cliniche specialistiche, come l’Institute of Ray Therapy, attivo a Londra tra il 1930 e il 1950.
Oggi, la terapia con la luce è utilizzata in molti modi differenti.
Ad esempio, si ricorre alla fototerapia per abbassare i livelli di bilirubina nei neonati.
Inoltre, la fototerapia si è confermata come un trattamento molto efficace e non invasivo per la risoluzione delle manifestazioni dolorose, compreso le artriti, il dolore cervicale e alla schiena e anche per recuperare più velocemente dagli infortuni sportivi. La luce penetra profondamente nei tessuti, stimolando la circolazione sanguigna, riducendo l’infiammazione e portando sollievo agli spasmi muscolari.
La fototerapia viene oggi ampiamente utilizzata anche nel campo dell’estetica, per ringiovanire la pelle, per prevenire le rughe e l’acne e per trattare le macchie tipiche dell’età avanzata.
Una modalità di utilizzo della fototerapia che oggi è sempre più diffusa, consiste nell’irradiazione di luce colorata direttamente sugli agopunti noti in Medicina Cinese. Si tratta della Cromopuntura, messa a punto dal ricercatore tedesco Peter Mandel.
La Cromopuntura si propone di comprendere il senso del dolore e della malattia, rifacendosi a teorie e a modelli fisici come il principio olografico e la teoria dei biofotoni del Dr. Albert-Fritz-Popp.
L’assunto su cui si basa è che tutte le malattie vengono stimolate da un impulso del cervello. Lo stesso meccanismo entra in gioco durante il processo di guarigione. Lo stato di salute del corpo è determinato dalle informazioni che il sistema endocrino e il sistema nervoso centrale ricevono dai sette organi di comando del cervello, a cui fa capo la triade talamo-ipotalamo-ipofisi.
Questa tecnica si può descrivere come una forma estesa di Agopuntura che ricorre però, anziché agli aghi, a dei fasci di luce colorata. Si tratta perciò di un approccio assolutamente non invasivo e indolore, che si propone di stimolare i meridiani attraverso le frequenze specifiche dei colori che compongono lo spettro della luce.
L’azione della luce colorata è quella di inviare le informazioni ai centri nervosi superiori, andando così ad equilibrare il sistema energetico centrale. Qui è possibile visionare alcuni possibili campi di applicazione della cromopuntura [link].
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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