Santa Ildegarda fu probabilmente la prima a parlare del Femminile come identificazione del Divino. Decima figlia di una nobile famiglia per bene, si votò a Dio all’età di 8 anni, entrando a far parte del monastero benedettino tedesco di Disibodenberg. A trentasei anni divenne essa stessa la badessa di quel monastero e già allora veniva celebrata per la sua genialità nel campo della scienza e dell’arte.
Dopo una malattia che mise a rischio la sua vita, all’età di 42 anni Santa Ildegarda fu raggiunta improvvisamente da una brillante visione, che chiamò Luce Vivente. Fu questa luce a donarle una maggiore comprensione dei più importanti testi religiosi esistenti e a spingerla a scrivere di tutto ciò che aveva imparato. A partire da quel momento, seguì un flusso di altre visioni, in alcune delle quali veniva descritto il Femminile Divino come metafora delle virtù, argomento di cui parlò nell’opera Scivias.
Ildegarda paragona Dio ad un Uovo Cosmico, che inonda l’universo di fiamme, svuotandosi e riempiendosi come un utero – creativo, benefico e nutriente. Descrive questo femminile sacro come divino amore, come l’essenza dell’universo, come il potere supremo che brilla nelle acque, che brucia nel sole, nella luna e nelle stelle, mescolando nell’esistenza e consentendo a ogni forma di vita di splendere di questa luce.
Ildegarda vedeva il corpo umano come un microcosmo dell’universo, creato con grande bellezza e precisione matematica. Senza equilibrio, il corpo può soffrire di disarmonia, sviluppando come conseguenza la malattia. La malattia veniva considerata una disfunzione dell’ordine, una disintegrazione della vita, che può però essere invertita attraverso una dieta sana, l’attività fisica e una vita basata sull’integrità. Secondo Ildegarda, la creatività e la vitalità spirituale sono la caratteristica primaria delle donne permeate di viriditas (il verde della natura, ma anche qualcosa di più profondo: l’energia vitale di qualsiasi cosa, animata e inanimata) e il loro corpo è sacro grazie al ruolo riproduttivo che le contraddistingue. Ildegarda aveva un interesse scientifico ma anche filosofico verso la sessualità, che conosceva nella sue forme più elevate, come simbolo di unione divina.
Il grembo femminile era considerato sacro, lo stesso il sangue della donna, perché correlato alla vita e al nutrimento del feto. Le donne mestruate erano ammesse in chiesa, al contrario degli uomini feriti.
Ildegarda vede la donna come lo specchio del divino: spirituale, intuitiva, aperta all’ispirazione e abbastanza spaziosa per racchiudere le stelle. Come tale, la donna merita di esprimere se stessa in abiti belli e di indossare gioielli scintillanti, per meglio riflettere la sua bellezza sacra e la sua divinità.
Ella amava ricordare alle donne di essere anche tutte loro delle visionarie e agli uomini suggeriva di entrare di più in contatto con il loro lato femminile, per aiutare tutto il mondo a guarire e a crescere. Ildegarda insegnava a non depredare la terra, poiché era un atto sacrilego e che tutto l’universo avrebbe sofferto se il femminile fosse stato represso.
Oggi si è tornati a parlare sempre più spesso degli insegnamenti di Santa Ildegarda ed è anche grazie a questi che riprendendo forma il concetto legato all’energia del femminile divino. Questo supporterà con il tempo il ritorno ad un equilibrio universale che ci rammenterà chi siamo e che riporterà in superficie la nostra profonda connessione con il Cosmo.
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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