È un fenomeno di cui si è a conoscenza da pochi decenni, quella della sindrome del gemello scomparso.
Fino a qualche tempo fa, se ne ignorava l’esistenza perché non era ancora disponibile la tecnologia ad ultrasuoni, che è oggi in grado di riconoscere molto presto una gravidanza multipla. Questo oggi è importante sotto diversi punti di vista. Anzitutto, scoprire una gravidanza gemellare consente di attuare sin da subito le strategie corrette sia da parte della madre che del medico che la segue; in più consente di scoprire quelle perdite premature che prima venivano ignorate.
Oggi si stima che almeno una gravidanza su dieci inizi con più embrioni, anche se i pareri e i dati in merito sono controversi. Succede però spesso, per varie ragioni, che alcuni di questi embrioni scompaiano nel corso del primo trimestre e che solo uno di essi nascerà.
Questo fenomeno implica diversi potenziali risvolti a livello psicologico per il bambino che sarà. Quando veniamo concepiti, è possibile che non siamo soli, ma che nell’utero insieme a noi vi sia un’altra creatura con cui, anche se per un periodo limitato di tempo, cresciamo e instauriamo un rapporto intimo. Nel feto il primo organo che si forma è l’orecchio, il quale sentirà per primo il battito del cuore del fratello o della sorella.
Succede spesso che gli embrioni in eccesso, come detto, nei primi tre mesi vengano riassorbiti in modo spontaneo dalla placenta, se non addirittura dal feto che riuscirà a venire alla luce. L’ipotesi è che questo avvenga a causa della conformazione dell’utero della donna, che non è in grado di sopportare più di un feto per volta. Oppure, molto più banalmente, che uno dei due embrioni non sia abbastanza forte da riuscire a sopravvivere. Questi tessuti verranno poi espulsi prima del parto, ad esempio con delle anomale perdite ematiche della madre, o durante.
Quando negli ultimi decenni si è iniziato a comprendere che l’embrione tutto è tranne che un’entità incapace di provare emozioni e di percepire il mondo che gli sta intorno, la psicologia prenatale si è concentrata su questo fenomeno, che viene vissuto dal gemello superstite come un vero e proprio lutto.
Si tratta di un dolore precoce che può accompagnare tutta la sua vita, senza che tuttavia si riesca a identificarlo. Può tradursi in un malessere profondo e continuo, caratterizzato spesso da sensi di colpa e desiderio di morte. Il distacco traumatico che è stato vissuto, se non viene riconosciuto, sarà difficile da risolvere.
Il fenomeno è tuttora studiato e per certi versi guardato con sospetto. E’ difatti soltanto grazie alle ricerche condotte negli ultimi anni che è stato confermato che il feto ha una memoria già a partire dal concepimento. I lavori di Stanislav Grof, di Elisabeth Noble e di Claude Imbert – tra gli altri – vanno tutti in questa direzione.
In particolar modo è stato dimostrato come sin dai primi giorni di vita intrauterina i gemelli instaurino quelle interazioni e quei condizionamenti che poi si vedono dopo la nascita. I gemelli appena si formano le mani si toccano, giocano tra di loro. Poi il futuro sopravvissuto ha la percezione che qualcosa sta per capitare. Sente l’altro morire, non è in grado di salvarlo e rimane solo. Non ha più nessuno con cui giocare, si manifestano solitudine e vuoto. L’impronta può restare per sempre, seppure il ricordo non sia consapevole. Perdere un gemello così presto è quindi un avvenimento traumatico. Di cui spesso nemmeno la madre è al corrente.
Da qui si può sviluppare una sindrome di separazione a cui spesso, non essendo risolta, si accumuleranno nel corso dell’esistenza esperienze analoghe di perdita e di allontanamento da persone care e che può influenzare in modo profondo le relazioni interpersonali. Il sopravvissuto che soffre di questa sindrome, in generale, si sente diverso da tutti gli altri, prova un profondo senso di solitudine. Così, questo ricordo inconsapevole lo spingerà a tenere lontane le persone, oppure, all’opposto, a instaurare e cercare continuamente legami di dipendenza. Sarà accompagnato da un inspiegabile senso di vuoto che non riesce a colmare. Si sente come se fosse solo una metà di qualcos’altro e cercherà ovunque il suo gemello perduto: cambierà tanti lavori, farà tanti viaggi, lo cercherà persino nel suo partner. In quanto sopravvissuto di una catastrofe uterina non oserà prendere in mano la vita completamente, perché si sentirà colpevole di avere ucciso l’altro. Non oserà nemmeno guadagnare troppi soldi, né godersi i piaceri della vita.
Generalmente, la madre non ha alcun ricordo di questo evento, specialmente se avviene nei primi tre mesi. In generale, fino alla fine degli anni ’80, quando i medici si accorgevano della perdita di un secondo bambino tendevano addirittura a nasconderlo.
Quando l’altro muore, si genera una memoria che resta registrata nel corpo e nel campo, che può riattivarsi, anche se non necessariamente, quando ad esempio si verifica una separazione amorosa, causando forti reazioni emotive, come la percezione di non poter sopravvivere senza il partner. Questo nuovo evento non è altro che uno schema prenatale, che è indispensabile rompere per guarire definitivamente.
Questo fenomeno è stato affrontato ampiamente in un libro di Bettina e Alfred Austermann, dal quale è stato rilevato per la prima volta nel corso di una costellazione familiare condotta insieme ad una giovane di 28 anni.
Oltre alle costellazioni familiari, esistono altri metodi in grado di intervenire sulla memoria prenatale per riportare armonia. Tra questi, senza dubbio il trattamento prenatale che si effettua con la cromopuntura, specialmente quando attraverso la diagnosi DEPT si è in grado di individuare la presenza di un trauma prenatale da sciogliere.
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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