Quando arriva dicembre, si approssima anche il solstizio d’inverno e si comincia a sentire l’atmosfera delle celebrazioni rituali tipiche del periodo. Questi rituali sono però stati adattati alla società moderna, ma la loro tradizione trova radici nelle prime cerimonie pagane che guidano alla chiusura di un capitolo e all’apertura di un nuovo anno.
Oggi si racconta che durante il periodo natalizio si festeggia la nascita di Gesù, ma si stanno in realtà seguendo degli schemi astrologici, che celebrano l’equilibrio dei cicli stagionali e gli equinozi. Il solstizio d’inverno è un evento speciale che, dal punto di vista energetico, porta con sé l’opportunità di materializzare i propri sogni nell’anno a venire.
Chi studia ed esplora le origini del Natale, specialmente in relazione al mito di Babbo Natale, ha scoperto che egli impersona lo spirito degli Itelmeni e degli sciamani coriachi della Siberia. Questi sciamani indossavano vestiti rossi con finiture bianche, proprio come Babbo Natale, in omaggio al fungo Amanita muscaria. Questo fungo allucinogeno si trova solo sotto ad alberi specifici, come l’abete o il pino, considerati gli alberi della vita. Quel fungo altro non è che il frutto di quell’albero e prende origine dalle sue radici. Lo sciamano raccoglieva questi frutti e li portava nelle case della tribù. A causa della neve, spesso le porte erano bloccate, ma i camini permettevano il passaggio delle persone per entrare e uscire. Il fungo veniva fatto asciugare sul fuoco e poi appeso sull’albero di pino all’interno delle abitazioni. Da qui la tradizione odierna di addobbare l’albero di Natale nelle nostre case. Questo fungo speciale aveva un ruolo specifico ed importante nell’ambito dei rituali di fine anno, perché era previsto un evento speciale: il vortice energetico del solstizio d’inverno permetteva all’umanità di connettersi con una potenza superiore, allo scopo di ottenere più conoscenza.
Anche le renne hanno una loro interpretazione in questa ipotesi: sono animali tipici della Siberia e del Nord Europa. Che però non sanno volare, ma che potrebbero essere state viste, insieme a Babbo Natale, in quella situazione proprio sotto l’effetto del fungo. Anche se molti rimandando questa immagine alla figura del dio Thor che vola sul suo carro trainato dalle capre.
Queste tradizioni sono state tramandate nei secoli e hanno trovato la loro strada nei rituali delle società civilizzate della Danimarca e della Gran Bretagna. Purtroppo, però, si è perso un pezzo importante del puzzle, ovvero l’anima di questi rituali.
L’umanità tende sempre a cercare una definizione migliore, anche se la radice della storia di perde. Così, alla fine troviamo antropomorfizzato lo spirito dello sciamano e vediamo entrare in gioco Babbo Natale, conosciuto anche come San Nicola.
San Nicola è il patrono dei viaggiatori e dei poveri. Questa è una parte fondamentale della storia, perché per San Nicola è importante fare un elenco, che corrisponde al rito pagano che permetterà la manifestazione delle volontà. Una tradizione che deriva dai druidi. Da qui nasce l’idea della letterina a Babbo Natale. Oggi, però, questa usanza si è trasformata in un elenco che sfrutta il potere creativo dei bambini per perpetuare i guadagni di una società capitalista. Per questo motivo sarebbe interessante trasformare l’usanza più moderna e fare un elenco di tutti quei bisogni reali che si incontrano con le buone intenzioni.
San Nicola incarna anche l’etica del dare agli altri nel bisogno. Questa parte è significativa nell’interpretazione del mito. Perché lo sciamano offriva la possibilità di provare un’esperienza psichedelica a quelle persone che rimanevano bloccate nelle loro case, durante i rigidi inverni siberiani; questo risvegliava il loro spirito, aprendo la loro mente ad una possibilità di comprensione che non sarebbe stata raggiunta altrimenti. Si trattava di un’esperienza sacra, ritualizzata. In fondo, San Nicola fa quel che può per raccogliere qualcosa da dare ai poveri. Questa dovrebbe essere la tradizione da perpetuare, più che quella di scambiarsi regali in famiglia. Bisogna impegnarsi a diffondere e a portare la gioia, che oggi manca un po’ a tutti.
L’inverno è il periodo più freddo dell’anno e incoraggia il letargo in senso figurato, la riflessione, l’empatia e la gratitudine. Il buio dell’inverno non è altro che l’anticamera della luce della primavera. Le intenzioni espresse in inverno dovrebbero definire delle azioni positive, per potersi aprire ad un futuro radioso. Del resto, si raccoglie sempre ciò che si semina. La vita è bella e questa è la stagione migliore per riflettere ed abbracciarla. Diamo agli altri ciò che possiamo, ma non solo in termini materiali. Offriamo il nostro calore, la nostra comprensione e un sorriso: l’universo risponderà in modo positivo nel corso dell’anno che seguirà.
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Articolo di generazionebio.com
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Foto di Willgard Krause da Pixabay
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