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Gli aspetti emozionali correlati allo sviluppo del morbo di Alzheimer

di Generazione Bio 17 Novembre 2016
di Generazione Bio 17 Novembre 2016
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alzheimer-emozioniLa comunità scientifica internazionale è sempre più convinta che il morbo di Alzheimer faccia parte di quello spettro di condizioni auto-immuni come sclerosi multipla, asma, artrite reumatoide e via dicendo. Si tratta di disturbi dove il sistema immunitario si rivolta contro se stesso. E’ come se non sapesse più distinguere da cosa bisogna difendersi.

I ricercatori russi hanno, non a caso, di recente definito il processo patologico nella malattia di Alzheimer come un aggressione autoimmune.

L’infiammazione del tessuto cerebrale che caratterizza questo disturbo viene oggi rallentato con successo da farmaci specifici. Diversi studiosi hanno messo in relazione la sempre maggiore diffusione del morbo di Alzheimer, così come di altre malattie auto-immuni, con il consumo smodato di cibo industriale.

La vera causa del morbo di Alzheimer non è però ancora chiara. C’è anche chi parla di un batterio, chi di un virus che si nasconde per anni, silente, nelle cellule del corpo. Si sa che alcune proteine e un’intossicazione da alluminio possono contribuire all’insorgere della problematica. Inoltre vengono da qualche tempo studiate le correlazioni con il colesterolo  e le malattie della tiroide. Un altro fattore è la vecchiaia, anche se questo non spiegherebbe come mai ad alcuni pazienti questa patologia venga diagnosticata già a 40 o 50 anni.

La perdita della memoria e il deficit cognitivo hanno una moltitudine di cause, ma non possono essere considerate esclusivamente un problema fisico. E’ necessario osservare tutto questo anche da un punto di vista culturale. La nostra cultura è immersa nella coscienza umana. E’ la somma delle nostre credenze, degli atteggiamenti, dei pensieri e della creatività. La cultura può determinare il modo in cui affrontiamo il mondo e in cui pensiamo di invecchiare. Il periodo della vecchiaia dovrebbe essere il migliore della nostra esistenza: abbiamo acquisito l’esperienza, la consapevolezza e, finalmente, di nuovo il tempo per avviare una seconda vita. Eppure siamo tutti perseguitati dalla paura di invecchiare.

Dal punto di vista emozionale, l’Alzheimer viene interpretato come un modo per ritirarsi dalla vita e spegnersi lentamente.

L’input emotivo deriva da un trauma profondo, che può essere ad esempio la paura intensa di ciò che ci aspetta nel periodo della vecchiaia o la paura della morte. Non è un caso che ci siano un ritorno ai comportamenti infantili e una perdita di consapevolezza: sono questi degli stratagemmi per ignorare il futuro. E’ come se, a livello sottile, si avviasse un periodo di preparazione nel quale si gioca con le proprie paure e con le proprie fantasie, restando in uno stato di semi-vita per potersi lasciare andare senza terrore quando la morte arriverà.

Secondo Louise Hay, l’Alzheimer rappresenta la volontà di lasciare il pianeta. L’incapacità di affrontare la vita così com’è.

Il morbo di Alzheimer permette di morire senza effettivamente trapassare. Il cervello si spegne piano piano, ma allo stesso tempo la persona si trova al centro dell’attenzione di tutta la famiglia, in questo dramma di morte in vita.

C’è chi sostiene che il morbo di Alzheimer sia un modo di restare sul pianeta molto tempo dopo la programmazione che era stata prevista nel nostro DNA. E’ il lato oscuro, in un certo senso, della medicina moderna che prolunga la vita mediante metodi artificiali. Questo toglie senso all’esistenza stessa e le malattie cerebrali subentrano proprio allo scopo di riportare tutto in equilibrio. Inducono a ritirarsi dalla vita consapevole fino a quando la vita materiale non si spegnerà da sé. Non è un caso che questo tipo di disturbo sia apparso solo raramente sul pianeta. Sempre più persone scelgono, inconsapevolmente, questo modo drammatico per uscire dalla vita materiale, per riallinearsi con il proprio spirito.

Nelle culture di altri tempi, le poche persone che finivano in una condizione del genere venivano guardate con riverenza. Si pensava, infatti, che fossero in contatto diretto con il mondo dello spirito.

Oggi la società non considera più gli anziani per il loro ruolo di saggi, di insegnanti per le nuove generazioni. Tutti siamo troppo concentrati sull’ossessione di restare giovani e sull’illusione di poter trascendere la morte. Ed è probabilmente per questa enorme paura di invecchiare che gli anziani non li vogliamo più nemmeno guardare in faccia e li lasciamo morire da soli nelle case di cura.

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Articolo di generazionebio.com
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