Negli ultimi tempi abbiamo parlato del subconscio e del ‘sentire’ come di linguaggi che non si contrappongono a quello che parliamo abitualmente, dominato dalla logica, ma che lo integrano, ampliando la gamma delle nostre corde comunicative e conoscitive.
Una persona che per comprendere e per esprimersi utilizzi consapevolmente anche i canali della comunicazione non verbale – rispetto a un’altra che si accontenta delle parole, di distinzioni e categorie concettuali quasi sempre astratte – non ha solo più possibilità di comprendere e di essere compresa, ma finisce col percepire se stessa in modo nuovo e col vedere un mondo nuovo intorno a sé.
Un mondo in cui a un certo punto si coglie l’influenza di un’ulteriore dimensione rispetto alle quattro che costituiscono il paradigma classico della nostra percezione.
Oltre a base, altezza, profondità e tempo, iniziamo a cogliere l’agire dell’anima, dello spirito, ovvero del nostro potenziale energetico che va oltre i limiti corporei.
Anima e spirito non sono più unicamente dei riferimenti soggettivi – riconoscibili solo nel momento in cui venissero esplicitati i segni di appartenenza a un credo religioso – ma veri e propri strumenti, codificatori e recettori di informazioni, evidenti a partire dalla nostra immediata esperienza.
Come?
È ancora estate, la stagione in cui più ci viene naturale dedicarci alla nostra pelle.
Prendiamo a mo’ di esempio proprio i prodotti per la cura del viso e del corpo.
Fluidi, gel, creme. Ognuno di questi avrà ragioni oggettive per risultare preferibile ad altri. Ammettiamo che possiamo permetterci il prodotto più costoso e promettente attualmente sul mercato.
Abbiamo fatto un investimento importante, quindi la nostra pelle non ha scampo: dovrà sottoporsi a una serie di serrate applicazioni dalle quali ragionevolmente ci aspettiamo dei risultati da buoni a ottimi.
Ammettiamo che il trattamento funzioni.
È proprio qui che scatta la trappola da cui non avremmo scampo se dovessimo contare esclusivamente sulla logica.
Ha funzionato.
Quindi: per restare su questi livelli, dovrò ripetere l’acquisto.
Ma se non potessi più permettermelo, sarei spacciata.
In entrambi i casi, cosa avremo comunicato al subconscio che permea i meccanismi automatici della nostra mente come il funzionamento di ogni organo del nostro corpo?
Che il nostro corpo non va bene così com’è e che il suo benessere dipende da una serie di circostanze su cui non abbiamo il minimo controllo:
- che quell’azienda continui a produrre quella crema
- che quella crema rimanga inalterata nei suoi principi attivi e ‘miracolosi’ nel tempo
- che noi continuiamo ad avere il denaro per potercela ancora permettere
Cioè: il nostro corpo, per essere amato da noi stessi, ha bisogno che tutta una serie di variabili – che non dipendono da lui, ma neanche da noi! – non subisca il minimo turbamento.
Pensate se capitasse la stessa cosa a un bambino che per ottenere uno sguardo amorevole dalla propria madre dovesse prima essere in grado – contemporaneamente – di sistemare la propria stanzetta, di ballare il reggaeton e di parlare cinque lingue.
Onestamente, foste in lui, non mandereste a quel paese vostra madre?
È quello che spesso fa il nostro corpo con noi, perché l’energia vitale della nostra mente e del nostro cuore – preziosa come e più dell’aria per respirare, rigenerarsi e brillare – gliela facciamo pagare a un prezzo enorme.
È che il pensiero logico, lineare, causale… ci costringe nel tempo a trattare il nostro corpo come se non ci appartenesse, come se fosse un articolo da mettere in vetrina, cui possibilmente attaccare il cartellino col prezzo più alto.
Non stiamo criticando la cura del corpo, al contrario.
Stiamo criticando la convinzione che il nostro benessere, ad ogni livello, dipenda esclusivamente da apporti esterni. Quegli apporti possono essere utili, utilissimi, ma in nessun caso determinanti.
A essere determinante è – sempre – quello che pensiamo mentre diciamo e facciamo qualunque cosa, quello che stiamo pensando mentre facciamo un acquisto, il motivo per cui lo facciamo, quello che diciamo alla nostra pelle nel momento in cui la “curiamo”:
come spalmiamo la crema? come sono i nostri movimenti?
cosa stanno comunicando la pressione, il calore, l’adesione della nostra mano al nostro corpo?
quale informazione stiamo innestando sul nostro attuale equilibrio psicofisico?
Non basta conoscere le più sofisticate tecniche di automassaggio anticellulite e antiage… non basta fare regolarmente uso di prodotti pensati, immaginati, venduti per andare contro le piaghe estetiche in una inconcepibile rincorsa alla perfezione.
Fare uso di questi prodotti significa alimentarsi regolarmente dell’informazione che ne sta alla base:
in te esiste l’antiestetico, combattilo! in te esiste il brutto, combattilo! in te esiste la vecchiaia, combattila!
Non può che essere ‘debole’ una bellezza ottenuta in questo modo, dando la caccia alle streghe.
Non dimentichiamo, infatti, la caratteristica più importante che differenzia il linguaggio razionale da quello compreso dal nostro subconscio: la dannosità di ogni atteggiamento basato sulla separazione e sull’opposizione.
Allontanare, rifiutare, temere, etichettare, demonizzare e combattere sono forme equivalenti di rinforzo nei confronti di quanto per logica pensiamo di voler cancellare – e di stare effettivamente cancellando.
Nulla può essere cancellato impunemente, ma tutto può essere sovrascritto esprimendo con coerenza e continuità una traccia amorevolmente opposta a quella che vogliamo correggere, una nuova traccia che rinunci a ogni precedente riferimento polemico, negativo.
Non sprechiamo più la nostra energia, è quanto di più prezioso siamo e possiamo dare.
Invertiamo al più presto la rotta, un gesto al giorno, un pensiero alla volta. Senza pretendere cambiamenti radicali, ma avvicinandoli, attraendoli, propiziandoli.
Rinunciamo alla “perfezione” per permettere alle nostre risorse di trovare da sole la strada dell’unicità, attraverso la nostra accettazione e il nostro amore incondizionato.
Siamo madri e padri delle nostre risorse: permettiamo loro non di obbedirci, ma di sorprenderci.
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Articolo di Margherita Cardetta per generazionebio.com
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