L’ultima volta parlavamo del lato oscuro che caratterizza ogni personalità, anche la più luminosa.
A fare la differenza tra persone serene e persone tormentate, infatti, non è una minore presenza di questo lato “ombra” nelle prime e una sua presenza maggiore nelle seconde, bensì il rapporto che, volenti o inconsapevoli, le prime instaurano con i lati più spigolosi della propria indole. Rifiutarli,così come accettarli passivamente fino ad incarnarli, servirebbe solo a rafforzarli.
Bisogna stringere con essi un patto di alleanza. È da questa alleanza che può nascere una serenità autentica che non ha nulla a che vedere con quella di facciata di chi conduce crociate contro i demoni, rigorosamente altrui.
I veri angeli non combattono mai il diavolo, ma lo invitano alla propria tavola.
Prima di stringere un qualunque patto con qualcuno, però, bisogna conoscerlo. Iniziamo col dire che il lato oscuro della nostra personalità è “solo” il nostro subconscio, ovvero il luogo virtuale in cui si stratificano le memorie di tutte le emozioni, nostre e dei nostri antenati, della razza umana intera, di ogni singola individualità che nei millenni ha popolato la Terra. Il subconscio preserva la mappa segreta di tutte le conquiste e le cadute che hanno fatto di noi quel groviglio unico di caratteristiche che siamo – che quelle conquiste e cadute siano opera di qualche illustre trisavolo di cui andiamo fieri o di una sconosciuta etnia ormai scomparsa esistita chissà quando in un luogo altrettanto sconosciuto dall’altra parte del pianeta: in ognuno di noi esiste la traccia potenzialmente attiva del più efferato criminale, del più spregevole parassita, del più talentuoso dei ricercatori, del rivoluzionario bianco e del dittatore nero.
Quando inizi ad addentrarti in questo tema ti rendi conto che nel tuo sangue non esiste goccia che tu possa considerare solamente tua.
Il subconscio è un immenso database che innerva da sempre ogni individuo appartenente alla razza umana, oltre ogni razionale differenziazione di nazionalità, colore di pelle, ceto sociale, credo religioso. È ciò che nel bene e nel male fa di noi un’unica gigantesca e variegata famiglia. È esso stesso il bene e il male, allo stato potenziale. Conoscerlo, prendere atto della sua azione onnipervasiva, capirne il linguaggio arcaico e controintuitivo (molto diverso da quello codificato dalla logica sovrastrutturale della nostra “evoluzione”), imparare a usarlo a nostra volta: in questo consiste l’alleanza. Quando il “dottore” non dimentica l’odore delle scarpe ‘sporche’ di terra dei nonni. Quando imparando l’inglese non dimentichiamo il dialetto.
Non è semplicemente una questione di rispetto e di gratitudine verso le proprie immediate radici: è anche un modo per allargare lo spettro delle proprie potenzialità.
Pensiamo al modo di dire più diffuso per indicare la necessità di restare umili e concreti:”mantenere i piedi per terra”.
La terra. Quella che rende possibile la nascita dei germogli, lo sviluppo degli alberi fino a che non portino dei frutti. Siamo portati a perderci tra le forme, i profumi, i colori dei frutti, e a dimenticare il lavoro oscuro, il lavoro ‘sporco’, della terra. Ecco, il subconscio è la terra. Quella che ci sorregge, quella che regolarmente calpestiamo.
Quando perdiamo di vista il valore di ciò che silenziosamente sostiene ogni nostro pensiero, ci priviamo di una forza straordinaria. Ripeto, non è solo una questione di rispetto e gratitudine. Rimani coi piedi per terra: riconosci che vivi per mezzo della terra. Sempre. Anche se sei arrivato in cima al mondo artificiale che “evolvendo” ci siamo creati. Riconosci che se vivi ancora è perché respiri, e che se finora non hai mai smesso di respirare non è certo per merito tuo.
È il subconscio che fa il lavoro oscuro lasciandoti l’illusione di farti da te.
Puoi continuare a ignorare ciò che esiste: non ha certo bisogno del tuo permesso per esistere. Sei tu quello che ha bisogno. Sei tu che, al confronto, sei niente. Sei tu che, senza, sei niente.
Il subconscio è alla radice della vita cosciente così come la terra è alla radice di ogni frutto che potrà mai nutrirci e deliziarci. E la nostra coscienza avrà un valore differente a seconda della minore o maggiore capacità che avrà di riconoscere, rispettare e mettere a frutto questa forza invisibile, essenziale e potentissima che la sostiene: la forza che ci fa respirare mentre dormiamo e che agisce allo stesso modo per il ricco, per il povero, per il santo, per l’assassino, per l’islandese, per l’aborigeno.
Un’unica forza dalle origini alla fine del mondo.
Ignorarla significa subirla.
Conoscerla e diventarne alleati significa avere la possibilità di vivere meglio di quanto non si sia fatto prima, a discapito di niente e di nessuno.
Alla coscienza spetta la scelta. In questo consiste l’unico suo potere, sicuramente limitato rispetto alle possibilità del subconscio, ma anch’esso decisivo.
Noi non siamo nulla in confronto, è vero. Ma, se sappiamo, e se vogliamo, possiamo più di quanto ora non siamo in grado di immaginare.
L’alleanza di cui parliamo, quindi, il patto impossibile tra l’angelo e il diavolo, riguarda il nostro diritto di scelta e questa imperscutabile forza neutra che ci permette di avvalerci del nostro stesso potere di scelta, in qualunque direzione ci porti. Ma anche laddove dovessimo schierarci per il bene, mai dovremmo cacciare a cuor leggero dalla nostra tavola il cosiddetto male, mai dovremmo dimenticare le nostre origini ibride, i nostri legami di sangue e spirituali con tutti i granelli di terra che sono da sempre il lievito e il fango della vita.
I primi passi per imparare a dialogare col subconscio:
pensa a tutto il male che è stato fatto, e che si continua a fare,
pensa a tutto il bene che è stato fatto, e che si continua a fare,
pensa che risultati così diametralmente opposti sono sostenuti da un’unica forza, comprendi che noi stessi in ogni istante abbiamo la possibilità di fare il bene e di fare il male,
e che scegliere il bene rifiutando il male non è scegliere il bene, ma ingannarsi: mentre sul piano logico dichiariamo di difendere il bene dal male, il subconscio non sa leggere le nostre parole, ma solo le nostre emozioni, ed è a quelle che risponderà: mentre a parole diciamo: voglio difendere il bene dal male, la nostra emozione sarà quella di chi allontana qualcosa che lo disgusta.
Il subconscio prenderà per buona proprio e soltanto quell’emozione, quella volontà di divisione, e da essere paladini della pace ci ritroveremo a essere i finanziatori dell’odio.
Era questo il nostro intento?
No.
Allora non servirà ripetere le stesse parole, bisognerà tradurre il nostro intento nell’unica lingua comprensibile al subconscio.
Il bene si difende da solo, a noi basterà sceglierlo. E per scegliere il bene bisognerà amare.
Ecco perché quello dell’amore è veramente l’unico linguaggio universale e amare i nostri nemici non è quel paradosso che a prima vista sembrerebbe, perché, quando amiamo, il subconscio riceve sempre il messaggio giusto: riconosco chi ho davanti a me, fisicamente o nel cuore, come parte di me. Riconoscendolo come tale, indirettamente, avremo smesso di alimentare la parte oscura che ci accomuna.
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Articolo di Margherita Cardetta per generazionebio.com
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