Fritz-Albert Popp, fisico tedesco che vanta un curriculum di enorme rispetto nell’ambito della ricerca, è considerato il padre dei biofotoni.
Oggi i suoi studi proseguono presso il Fritz Popp Institute in Germania, grazie al figlio Alexander e ad altro eminenti ricercatori, regalandoci un nuovo punto di vista sull’Universo in cui viviamo e su come siamo fatti.
La teoria dei biofotoni palesa esplicitamente che l’evento primario alla base della vita, nonché di quelle alterazioni che sfociano nella malattia, è un evento fisico di natura elettromagnetica. I biofotoni sono emissioni di luce ultravioletta che provengono dalle cellule di ogni organismo vivente, esseri umani inclusi. Gli studi portati avanti dal Fritz Popp Institute e da altri ricercatori sull’argomento mostrano come i biofotoni giochino un ruolo fondamentale nella regolazione del corpo e della salute.
Fritz-Albert Popp iniziò lo studio dei biofotoni più di 40 anni fa, durante il suo dottorato di ricerca. Egli stava cercando la differenza tra due idrocarburi policiclici, di cui uno è considerato cancerogeno, pur avendo praticamente la stessa struttura chimica dell’altro. Popp scoprì che la loro unica differenza consisteva nel modo in cui essi interagiscono con la luce ultravioletta. Quello cancerogeno diventa tale perché la luce che lo penetra viene modificata prima di essere nuovamente emessa. L’altro, invece non mostra alcun mutamento durante il processo di assorbimento ed emissione della luce. Quando Popp presentò queste scoperte ad una conferenza di oncologi, gli dissero che era pazzo. La posizione degli altri scienziati fu chiara: se questo era vero, allora significava che le cellule emettevano della luce; quando Popp rispose che in effetti era così, lo scetticismo fu generale. Nonostante questo, Popp continuò ad esplorare questo territorio, scoprendo che qualcuno aveva già compiuto degli studi del genere, il biologo Alexander Gurwitsch fra tutti. Quest’ultimo, da considerarsi il fondatore di questa materia di ricerca, aveva scoperto che la crescita delle cellule dipende dalla luce nel campo dell’ultravioletto. Questi aveva anche fatto degli esperimenti con le cipolle, grazie ai quali mostrò a livello microscopico che, quando le radici di due cipolle crescono insieme, quelle che si trovano in un bicchiere protetto dalla luce UV crescono più lentamente. Appena si lascia penetrare la luce ultravioletta, le cellule iniziano ad accelerare la loro crescita. Egli concluse quindi che questo fenomeno dipendesse dalla luce, la quale forniva delle informazioni specifiche. Da qui prese inizio lo studio dei fotoni.
Nel 1950, un astronomo italiano stava cercando di trovare e studiare delle stelle molto lontane, inventando una tecnologia che gli permettesse di renderle visibili. Questo dispositivo fu utilizzato anche per studiare le piante, scoprendo che anche queste emettono una luce molto evidente. Tutto questo era sorprendente, per l’epoca, e nessuno sapeva come utilizzare queste scoperte. Fu Popp a dare vigore a questi risultati, pensando che in questi vi fosse la risposta alle sue scoperte sugli idrocarburi policiclici. Si fece quindi costruire un dispositivo simile, con il quale, ad esempio, dimostrò come anche dalle cellule delle patate vi fosse un’emissione di fotoni, quindi di luce.
Da allora, ci sono state numerose ulteriori scoperte. Max Planck, uno dei fondatori della fisica quantistica, ha dimostrato che la luce contiene energia ed informazione. La luce invia informazioni ed energia all’atomo, stimolando un cambiamento. L’atomo reagisce, quindi, alla luce poiché quest’ultima permette agli elettroni di saltare ad un livello superiore. La luce provoca una vibrazione e questa vibrazione è in grado di cambiare la condizione dell’atomo, affinché questo si leghi ad altri atomi e si formino delle molecole.
La luce si comporta in due modi nel corpo: cambia la condizione degli atomi per ordinare il sistema e trasferisce le informazioni tra le cellule. In ogni cellula ci sono centomila reazioni al secondo, attivate mediante un processo che lavora molto più velocemente di quanto facciano gli enzimi. Solo la luce può attivare questo processo, fornendo le informazioni che coordinano ciascuna delle centomila reazioni al secondo in una cellula!
E’ stato rilevato che la malattia altro non è che l’interruzione delle linee di comunicazione che le cellule intrattengono tra di loro attraverso la luce. A causa di questa interruzione, si blocca anche lo scambio di informazioni. Questo fenomeno produce un’alterazione elettrica della cellula, seguita da un’alterazione chimica fino a quando non compariranno i sintomi della malattia.
Se così stanno le cose, diventa evidente come intervenire dall’esterno con le informazioni contenute nella luce possa essere fondamentale per il ripristino dello stato di salute. E’ proprio da questa idea che prende forma il senso della Cromopuntura. Con la luce colorata si inviano alle cellule dei messaggi di salute e si ricorda alle cellule qual è il loro linguaggio, in modo da poter riattivare il loro metabolismo e le emissioni che producono quando sono in uno stato di salute e di equilibrio.
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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