Può esistere una malattia sana?
Probabilmente questa espressione apparirà ai più come un controsenso. Eppure, per arrivare al punto, occorre prima comprendere cosa sia la malattia.
Purtroppo, il nostro modo di pensare strettamente scientifico ci ha portati a confonderci e a paralizzarci, di fronte ad una malattia. Il sentimento che l’accompagna è quasi sempre di paura, che contribuisce a rallentare la risoluzione dei sintomi e il decorso stesso della problematica.
La mente è a tutti gli effetti il principale referente di valutazione per tutto ciò che accade a livello fisico, ma è in grado di elaborare solo una parte delle informazioni che potrebbe invece assimilare.
Imparando a guardare la malattia dal punto di vista del corpo, diventa invece più facile ritrovare la logica e collocare tutto al suo posto.
Nel libro La Malattia Sana si può però scoprire un modo rivoluzionario per avvicinarsi alla malattia e al proprio corpo.
La malattia viene vista attraverso tre sezioni:
- La malattia dal punto di vista del corpo
- I dubbi e le domande più ricorrenti
- La trascrizione di una seduta reale
Lo scopo di questo libro, a cura di Jader Tolja – medico psicoterapeuta – e di Divna Slavec – educatrice somatica – è quello di trasformare la mente in servitore competente della malattia.
Il tutto per evitare di perdere la lucidità e per lavorare a livello emozionale per rispondere a delle domande che si aprono inevitabilmente.
Come detto, la nostra mente elabora ogni secondo 4 miliardi di byte di informazioni; su questi, è cosciente solo di 2000. Di conseguenza, la mente assume il ruolo di padrone incompetente e finisce per definire come errato – e come malattia – tutto ciò che non è in grado di comprendere.
In pratica, il termine malattia o patologia è la definizione che noi diamo a tutto quello di cui non comprendiamo la funzione. E il motivo per cui non riusciamo o non vogliamo capirne la funzione, è che il nostro disagio è relativo a qualche cosa con cui non ci identifichiamo.
Guardare alla malattia da un punto di vista nuovo, fa parte di una nuova concezione e di un prospettiva ancora inusuale che può, però, fare la differenza nella comprensione della malattia.
Proviamo a pensare a una persona non più giovanissima che vada a giocare la classica partita scapoli-ammogliati e che la mattina dopo, per l’indolenzimento degli arti inferiori, non è nemmeno in grado di fare le scale di casa. Ci sono dei sintomi chiari e forti: sente dolore e presenta un notevole impedimento della mobilità, ma non si definisce malata, perché sa benissimo che questi sintomi dipendono dalla partita di calcio. Proviamo a pensare, per contro, di svegliarci una mattina e di sentire forti dolori alle gambe che quasi ci impediscono di camminare, senza sapere il motivo della loro comparsa. Veniamo presi dal panico. Andiamo subito dal medico, o in farmacia. Eppure il sintomo è lo stesso. C’è forse un impedimento maggiore rispetto ai dolori di cui conosciamo l’origine? Il sintomo è esattamente uguale, l’invalidazione è la stessa, però in un caso prendiamo la cosa con assoluta serenità, nell’altro andiamo in paranoia. E da che cosa dipende? Semplicemente dal fatto che in un caso ne comprendiamo la funzione e nell’altro invece no. Se andiamo a vedere nell’archivio dei nostri sintomi, ci sono tutta una serie di disturbi – anche penosi come il vomito e il mal di testa dopo aver assaggiato una certa varietà di alcolici – che, come nel caso dell’incapacità di camminare, non abbiamo assolutamente considerato malattia, ma normali reazioni del nostro organismo. Altri sintomi invece, magari anche poco gravi, come ad esempio innocue alterazioni del ritmo cardiaco che di fatto non ci procurano alcun dolore o impedimento, li abbiamo comunque considerati come malattia perché non ne abbiamo compreso il senso e la logica.
Un testo semplice e immediato, che si legge in un’ora, per capire perché le malattie vengono ed eventualmente perché se ne vanno, dove si può comprendere come ogni malattia ci riporti continuamente a noi stessi, ricordandoci chi siamo.
Per leggere un estratto del libro, clicca qui.
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Articolo di generazionebio.com
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