Abbiamo trascorso un anno intero riferendoci costantemente al valore di alcune parole-chiave, come attenzione, scelta, creatività, amicizia, attesa, cambiamento, e non a caso il nostro 2015 si è concluso con il valore del lavoro, forse quello più importante perché ci sprona a considerare ogni sfera della nostra vita come strutturalmente dipendente dal nostro personale, inaggirabile impegno.
È arrivato il tempo dei bilanci, dei nuovi propositi, e dei regali. Scelgo una sola parola per questo 2016, e scelgo di guardare ad essa proprio come a una chiave magica.
È la Chiave del Coraggio il regalo che vorrei fare a tutte le persone che, in misure diverse e per i motivi più disparati, mi stanno a cuore.
Perdonare richiede coraggio, e il coraggio è proprio di chi ha cuore, ha scritto Daniel Lumera nel suo “I sette passi del perdono” [vedi Se Per Gioco Fosse Vero: IL PERDONO E’ UN’OPPORTUNITA’ (1/2)]
Questo significa anche che avere cuore e non “usarlo” coraggiosamente sarebbe un controsenso, uno spreco, se non proprio un’indiretta confessione di codardia, di inettitudine a vivere. Se la vita è un lavoro per chiunque ne voglia onorare il valore, il coraggio è ciò che può portarci a vivere del nostro lavoro.
Chi attentamente pensa, sceglie, parla, agisce, tace, perdona, crea, chi assicura e coltiva i rapporti con gli altri come la trama di un tessuto pregiato, chi attende, chi ama… ha il dovere verso se stesso e verso chi lo ama di tirare fuori questa chiave.
Per non accontentarsi, per non addormentarsi, per non invecchiare, per non ammalarsi, per non fare la fortuna di chi corre a fari spenti o di chi gioca al risparmio, per non arrendersi all’ambiguo e pietrificante sguardo del passato, di qualunque passato.
Nessuno di noi è finito, a meno che non decida, non creda di aver finito di conoscere e di creare se stesso. Ma per continuare il gioco, occorre giocar-si con coraggio. Quel coraggio che molto probabilmente da alcuni verrà raccontato come incoscienza, superficialità, pancia piena, trasgressione, immoralità, tradimento, pazzia, capriccio… e in tutti i restanti modi quanti sono quelli con cui la gente negli anni si è adattata a contenere, a esorcizzare, a scongiurare i rischi di ogni cambiamento “non necessario”. Quasi nessuno percepisce in tempo i rischi del rifiuto, della condanna verso i cambiamenti che partono dal nostro intimo essere. Come quando si vorrebbe cambiare facoltà universitaria in corsa, ma si ha paura di non trovare lavoro; come quando si vorrebbero frequentare altre persone ma si teme la reazione di chi da tempo ci è accanto e non condivide il nostro stesso desiderio; come quando si vorrebbe dire la verità ma si temono le incomprensioni alle quali quest’ultima ci condannerebbe con chi, sotto sotto, non ci ha mai capito.
E allora, piuttosto che sobbarcarsi la fatica di ristrutturare i piani di riferimento della propria esistenza, si rinuncia al cambiamento: dopotutto, ‘non è necessario’. Non è ‘necessario’ come quando la casa viene giù e devi per forza trovarne un’altra (rischiando finalmente di imbatterti in quella che hai sempre sognato). Non è ‘necessario’ come quando scopri di avere un male incurabile e devi per forza iniziare a pensare che non hai tutta la vita davanti per poter dire a qualcuno che lo ami o che non lo ami più. Ciò che non è necessario affrontare siamo programmati a procrastinarlo, senza quasi mai sospettare quanto preziosi possano rivelarsi i cambiamenti che nessuno ci costringe ad attuare se non precisamente il nostro istinto di libertà, di ricerca, di scoperta e di autodeterminazione.
A chi amo auguro di non aspettare un cambiamento necessario per capire che è sempre possibile imboccare una strada migliore, e di scoprire che un cambiamento voluto non è un atto di egoismo ma un gesto d’amore verso se stessi, l’unico rimedio a una logorante sicurezza.
La vita è un’avventura dietro ogni porta, e amare non è proteggersi dai pericoli, dalle maldicenze, da qualunque sofferenza, ma proteggere il diritto inalienabile che ogni uomo ha di esprimere attraverso se stesso il cuore ineffabile e infinito dell’Universo.
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Articolo di Margherita Cardetta per generazionebio.com
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