Parlare nel complesso di un libro denso e particolarmente ricco di implicazioni teoretiche e morali come IL DESTINO COME SCELTA di Thorwald Dethlefsen sarebbe, oltre che dispendioso in termini di tempo e di spazio, inutile per chi a monte non avesse una reale curiosità nei confronti della psicologia esoterica.
Così ho ritenuto più fruttuoso – nell’ambito di una rubrica dedicata ad un avvicinamento graduale e cauto al modo di pensare suggerito da chi l’esoterismo lo mastica da sempre – proporre una riflessione sulla legge a parer mio più controversa tra quelle qui trattate da Dethlefsen, descritta nel capitolo iniziale del libro, intitolato “La polarità della realtà”.
Circa tre anni fa, accompagnai un mio parente a una visita specialistica. Mi fu chiesto di riferirgli una diagnosi ingrata, di quelle che fanno tremare i polsi. Neanche qualche secondo e mi ritrovai inchiodati nei miei i suoi occhi stretti in una tensione micidiale tra la speranza e il panico. In quel momento intuii che il destino e il libero arbitrio sono concretamente intrecciati in un binomio indissolubile, intuii di essere condannata a non poter dare una notizia diversa, ma intuii anche di essere libera di trovare l’atteggiamento che ritenessi migliore, in quelle circostanze determinate. Scelsi di sorridere, con le esigue forze che mi rimanevano…gli dissi tutto, lui comprensibilmente si chiuse in una reazione disperata, di rifiuto. Per lunghi minuti la mia mano sulla sua spalla fu l’unico contatto che potesse ricordargli la mia presenza, nonostante tutto. Infine aggiunsi quali passi prossimamente sarebbe stato necessario fare – e che gli sarei rimasta vicina in ognuno di essi.
Altro non avrei potuto fare, ma quanto era in mio potere, per quanto potesse valere, lo feci, e l’averlo fatto mi diede un sollievo enorme. Avevo accettato ciò che non avevo la facoltà di cambiare e avevo deciso quale posizione assumere di fronte alla realtà: una posizione costruttiva che potesse anche solo minimamente influenzare chi in quel momento aveva tutte le ragioni del mondo per sentirsi vittima del proprio destino a fare altrettanto.
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Articolo di Margherita Cardetta per generazionebio.com
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