Nella maggioranza dei casi, quando insorge un problema digestivo, il consiglio più comune è quello di affidarsi a rimedi come pulizia del colon e integrazione di enzimi e probiotici, accompagnati magari dall’assunzione dell’ottima Aloe Vera. Tutte soluzioni efficaci, che non sempre però funzionano in modo risolutivo. Questo capita perché, alla base dei disturbi della digestione, ci sono delle cause ben più profonde, che non si possono sradicare solo con questi metodi.
Le cause fisiche più comuni di un problema all’apparato digestivo
Quando i classici rimedi naturali per i disturbi digestivi non funzionano o non risolvono il problema a lungo termine, è possibile che a causarli siano:
- candida
- infezione parassitaria, batterica o virale
- avvelenamento da metalli pesanti
- problemi al colon, come diverticolite, diverticolosi, colite e morbo di Chron
Talvolta la causa può essere anche una temperatura corporea più bassa del normale: l’organismo, in quel caso, non produce enzimi a sufficienza per metabolizzare il cibo ed eliminare le tossine. Bisognerebbe, appena alzati e prima di fare colazione, misurare la temperatura. Se questa è al di sotto dei 36,6 °C, c’è un’elevata probabilità che non vengano prodotti correttamente gli enzimi digestivi o sistemici.
Quello che sarebbe utile fare, dunque, quando un semplice protocollo di integrazione di enzimi e probiotici e di disintossicazione non è risolutivo, è effettuare tutti i test necessari ad escludere che alla base ci sia una delle cause indicate. Qualora anche questi test risultino negativi, è necessario andare a valutare la causa ancora più profonda dei disturbi digestivi, che nella maggior parte dei casi è di natura simbolica. Anziché il cibo, è molto probabile che ciò che non riusciamo a digerire sia un problema o una situazione che stiamo vivendo.
I disturbi digestivi da un punto di vista simbolico, metafisico e psicosomatico
Non di rado, l’appetito stesso dipende da una situazione psicologica. Non a caso, ci sono numerosi espressioni di uso comune che esprimono questo tipo di disagio: “questa cosa mi ha tolto l’appetito”, oppure “quando ci penso mi viene la nausea”.
La nausea esprime il rifiuto di qualcosa che non vogliamo e che, per questa ragione, ci rimane sullo stomaco. L’apice della repulsione si raggiunge quando si ha un attacco di vomito, attraverso il quale ci si libera da ciò che non si accetta. Si può trattare di cose, di situazioni o più probabilmente di emozioni non correttamente elaborate.
Al centro di questo processo c’è lo stomaco, che ha la funzione, non solo fisica, di accettare ed accogliere. Dal punto di vista archetipico, dunque, proprio per queste qualità, può essere considerato come rappresentante del polo femminile. Il principio femminile è caratterizzato dalla capacità di sentire e di prendere coscienza del mondo dei propri sentimenti. Se questo non avviene, questa funzione viene gestita dallo stomaco, che si prende carico, oltre che del carico di cibo, della digestione di questi sentimenti. Il tutto si traduce in conseguenti problemi a quel livello.
Lo stomaco ha anche la funzione di produrre i succhi gastrici. Questi ultimi hanno il ruolo di mordere, distruggere e aggredire. Quando una persona non è in grado di esprimere e di gestire la propria aggressività e continua quindi ad inghiottire dei bocconi amari, lo stomaco produrrà una quantità maggiore di succhi gastrici per riuscire a digerire sul piano fisico qualcosa che ha invece una natura non materiale. Generalmente, la persona che soffre di disturbi della digestione è un individuo che fatica a controllare in maniera consapevole la propria rabbia e a risolvere in modo responsabile i problemi che sta vivendo.
Cosa fare, quindi, per superare questi disturbi partendo dal livello più profondo? Occorre imparare a prendere coscienza dei propri sentimenti, così da elaborare in modo più consapevole i propri conflitti e digerire le proprie impressioni e sensazioni. Può essere quindi utile domandarsi che cosa non si vuole inghiottire, qual è quella situazione di cui si ha abbastanza. Inoltre, è consigliabile fare finalmente i conti con la propria aggressività, imparando a gestirla anziché convogliarla verso l’interno finendo infine per soffocarla. Già questa presa di coscienza rappresenta il primo passo per una risoluzione duratura dei disturbi, senza escludere il supporto esterno da parte di un professionista qualificato.
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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