Ci stringiamo le mani e pronunciamo il nostro nome. A volte facciamo persino fatica a ricordare il nome appena appreso.
La conversazione va avanti e noi continuiamo a chiederci “come ha detto che si chiama?”. Nel frattempo cerchiamo di fare un quadro della persona che abbiamo di fronte. E alla fine il suo nome passa in secondo piano.
Oggi un nome è semplicemente un mezzo per chiamare qualcuno o identificare un’azione. Abbiamo perso il contatto con il significato che si nasconde dietro questa serie di suoni. La differenza tra Stefano e Luca è semplicemente una scelta dei genitori; quella tra Giulia o Julia una scelta che si basa sulla cultura e sulla lingua. Eppure, se ci soffermassimo ad analizzare il nostro nome, impareremmo davvero molto a proposito di noi stessi e del nostro cammino spirituale.
In alcune lingue non si dice “Qual è il tuo nome”. In italiano usiamo, non a caso, “Come ti chiami?”. Lo stesso vale in francese, o in tedesco. Come a lasciare sottintendere una “chiamata”. Questo ci porta dritti al cuore della questione: il nostro nome descrive la nostra vocazione, il motivo per cui siamo stati chiamati su questo piano terreno. Si può vedere come una promessa fatta a noi stessi o come il “lavoro” che ci è stato assegnato.
La nostra missione si forma sulla base di una scelta arbitraria fatta dai genitori, oppure si può in qualche modo ritenere che papà e mamma sapessero già inconsciamente quale sarebbe stata la nostra vita? Si sta diffondendo la tendenza dei genitori a esaminare il significato di un nome. Eppure, anche senza fare alcuna ricerca, ci sono dei nomi che attraggono e piacciono particolarmente. Forse perché c’è una guida superiore o lo spirito stesso del bambino a suggerirlo.
Ci sono però persone che non ci identificano con il proprio nome. A volte qualcuno ci dirà “Perdonami, ma non riesco a chiamarti Laura, tu per me sei Valentina”; oppure capita che qualcuno inavvertitamente ci chiami in una maniera che sembra sbagliata, e invece magari è proprio quello il nostro nome, quello che rispecchia il nostro spirito. Questo può avvenire quando i nostri genitori non hanno seguito la loro intuizione nella scelta del nome. Magari a causa di una forte tradizione familiare di nomi che si tramandano.
Capita anche che alcune persone si rifiutino di adempiere alla loro vocazione. Questo può andare di pari passo con l’avversione verso il proprio nome. Sognano di essere chiamate in modo diverso, a volte cambiano addirittura nome. E’ comune incontrare qualcuno infelice del proprio nome e della propria vita. Tutto sembra andare loro storto, ma la verità è che non stanno accettando la loro vera vocazione, a causa di questo attrito. E quindi deviano dalla loro strada.
Alcuni nomi non portano solo un significato attraverso le parole, ma anche attraverso la storia e le figure religiose o del folclore. Un Giorgio può diventare un agricoltore, oppure un protettore come nella leggenda di San Giorgio. Una Teresa può essere una mietitrice o sentirsi chiamata a seguire l’esempio di Madre Teresa e aiutare gli altri.
Non sempre ci chiediamo da dove derivi il nostro nome e cosa significhi. Eppure quando ci presentiamo stiamo già dicendo ad altri un’informazione importante su di noi, proprio come quando diciamo dove viviamo e il lavoro che svolgiamo. In questa epoca è difficile, in effetti, che qualcuno conosca il significato dei nomi propri ma, anche se tutto ciò potrebbe essere familiare a pochi, può essere importante per noi stessi.
Anche il secondo nome è importante, sia che sia stato scelto perché suona bene o perché sia un nome tramandato. Chiedere, se è possibile, ai genitori il motivo per cui hanno scelto il nostro nome può essere interessante. E’ possibile scoprire che significato può avere avuto per loro, cosa li abbia spinti ad optare proprio per quello. Poi può essere divertente anche chiedere agli amici che percezione hanno in merito al nostro nome. Oppure osservare le persone nostre omonime e comprendere come queste stiano vivendo la loro “chiamata”. Esistono molti siti che offrono la spiegazione del significato dei nomi propri e ci si può tranquillamente avventurare in una affascinante scoperta.
A volte è utile anche considerare i soprannomi. Alcune culture danno un nome nascosto e segreto alle persone, oltre a quello dichiarato. Un nome che solo la persona e i genitori conoscono. Alcuni di noi scelgono anche un nome alternativo per navigare sul web: come ci fanno sentire questi nomi rispetto a quello di battesimo? Sottolineano o nascondono un certo aspetto della vocazione?
Approfondire il significato del nostro nome può portarci a scoprire un mondo e conquistare una nuova prospettiva sulla nostra vita e, talvolta, sbloccare una certa conoscenza su chi siamo e sullo scopo della nostra vita.
E’ interessante anche sapere come ci sentiamo quando qualcuno ci chiama. Ci invita all’azione o a nasconderci? Ci sentiamo preparati a soddisfare la vocazione oppure si preferisce ignorarla trovando delle scuse? La sensazione che ci fa percepire il nostro nome va osservata sempre: sia quando ci chiama qualcuno, che quando ci presentiamo o un altra persona ci introduce in un contesto nuovo. Ci permette di avere una visione nuova di noi, capace anche di stimolare una svolta che ci permetta di ritrovare noi stessi e ciò chi siamo davvero.
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Articolo di generazionebio.com
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