In molti ignoriamo ancora quale grande favore facciamo a certa gente dai modi e dai contenuti poco edificanti attribuendole la nostra attenzione, sia pure sotto forma di biasimo.
C’è un libro che mi ha portata a ritenere fosse il caso di iniziare a fare attenzione agli oggetti della mia attenzione, o meglio al rapporto che instauro con essi, e a fare in modo che ciò e chi per me non meritassero attenzione effettivamente non ne avessero – almeno da parte mia. L’attenzione, ne abbiamo già parlato la volta scorsa, è una forma invisibile ma potente di energia. Il primo libro di Vadim Zeland sul modello del Transurfing è magistrale nel mettere in guardia verso un uso responsabile di quella che può essere tranquillamente definita la più grande risorsa di cui un essere umano possa disporre. Quello stesso ‘valore’ che spesso, senza rendercene conto, investiamo nel combattere – attivamente o nel segreto del nostro animo – nel denigrare, sminuire chi e ciò che, a nostro dire, ci negano la gioia di vivere; quella stessa energia che se indirizzata invece verso i nostri reali obiettivi si intensificherebbe come per magia rendendo questi stessi obiettivi sempre meno evanescenti.
Se l’attenzione è costantemente rivolta a ciò che ci impedisce di essere, di fare e di ottenere ciò che vorremmo, ci mancheranno sempre le forze in grado di farci raggiungere gli stati desiderati. Dobbiamo scegliere, attimo per attimo, tra ciò che detestiamo e ciò che amiamo.
Spesso il fascino di ciò che non amiamo è superiore a quello che lasciamo esercitino su di noi le persone e le cose che ameremmo avere in pianta stabile nelle nostre vite. Siamo soggiogati dal potere di chi per più tempo ha dalla sua la nostra energia sotto forma di ostilità, di attiva resistenza o di invidia inconfessabile. Per Vadim Zeland, l’unico modo per spezzare questa catena magnetica che si autoalimenta attraverso le nostre emozioni negative è sostituire consapevolmente i pensieri che risvegliano queste ultime con pensieri che allarghino lo spazio della nostra percezione e spostino il centro gravitazionale della nostra attenzione: se intendo sminuire X – perché credo che sia inferiore a Y – non c’è modo migliore che concentrarmi su Y, perché solo Y, da sé (e non l’insistenza delle mie opinioni a riguardo), crescendo, potrà dimostrare che è superiore rispetto a X. Se intendo far diminuire l’impatto negativo che una persona sta avendo sulla mia vita non c’è modo migliore che iniziare a valorizzare e coltivare un rapporto che corrisponda alle mie esigenze, con la stessa persona o con un’altra persona. Ostinarsi nel parlare, nel rimuginare, nello sguazzare, nel lottare… di, su, nel e contro ciò che ci fa male è invece il modo migliore per trattenercelo addosso, fortificarlo, renderlo fatale, invincibile.
Ecco come – per un po’ tutti gli autori che si sono occupati e che si occupano di scienza della mente, legge dell’attrazione e crescita spirituale – si diventerebbe responsabili di ciò che pure appare estraneo alla linea diretta, immediata, riconoscibile della propria influenza. Vadim Zeland, per spiegare in quale allucinazione si finisce con l’indirizzare ripetutamente i propri pensieri verso ciò che deploriamo utilizza un’immagine che non può non restare impressa nella mente di chi legga “Lo spazio delle varianti“:
Gruppi di persone che pensano in una stessa direzione creano delle strutture energetiche di informazione, i pendoli. Queste strutture incominciano a evolversi autonomamente sottomettendo gli individui alle loro leggi. Le persone non si rendono conto di agire involontariamente negli interessi dei pendoli. L’energia del pensiero dei singoli individui si fonde in un unico flusso. Per il pendolo è indifferente da quale parte lo facciano oscillare, gli va bene sia l’energia positiva che quella negativa. L’importante è che la frequenza di emissione sia quella di risonanza
Vi ricorda qualcosa? Forse il detto popolare:”non importa se bene o male, purché se ne parli“? La nostra energia mentale è sempre polarizzata, può essere sempre e solo negativa o positiva: in entrambi i casi è indirizzata verso qualcosa di preciso ed è il legame con quel qualcosa a contare più del segno positivo o negativo che attribuiamo alla nostra energia diretta verso di esso: in ogni caso, noi, attraverso la nostra emissione di energia mentale, serviamo la causa di ciò su cui siamo sintonizzati.
I mezzi di comunicazione di massa, pendoli a loro volta, sono al servizio di pendoli più potenti. Il loro fine dichiarato è quello di rendere accessibile al pubblico ogni tipo di informazione. Quello reale, invece, è solo uno: sintonizzare con tutti i mezzi possibili alle frequenze giuste. Amare od odiare qualcosa non fa differenza. L’importante è che se i vostri pensieri sono fissati sull’oggetto dei vostri sentimenti, l’energia mentale si fissa su una determinata frequenza, voi finite nella rete del pendolo e vi spostate su una linea della vita dove l’oggetto della vostra fissazione abbonda
Pensiamo a come la visibilità mediatica sia diventata un valore indipendente dai contenuti che attraverso la ribalta si sia in grado di esprimere: l’esplosione dell’industria legata ai reality show e alla spettacolarizzazione dei casi di cronaca rosa, gialla e nera, e tutto il nostro parlarne, pro e contro, a riguardo: uno dei pendoli che in tempi di crisi non perde neanche un colpo. E non potrebbe perderne, soprattutto per colpa – inconsapevole – dei suoi innumerevoli, appassionati, ragionevolissimi detrattori.
Un reality show non è che un reality show: se vogliamo altro, nulla può essere più utile a noi stessi che esercitare il nostro libero arbitrio: cambiamo canale, stacchiamoci dalla tv, dal pc, dal tablet, leggiamo un autore che amiamo, guardiamo un film che ci hanno suggerito, usciamo e parliamo della vita che vogliamo, dell’idea che ci è venuta in mente, del piccolo o grande progetto che vorremmo realizzare.
Se non volete qualcosa, non pensateci: sparirà dalla vostra vita. Gettar via qualcosa dalla propria vita significa non evitare, ma ignorare, fare il vuoto rispetto al pendolo: se sono vuoto, non offro agganci. Non faccio il gioco del pendolo ma non cerco neanche di difendermi. L’energia del pendolo, senza toccarmi, si diffonde e si disperde nello spazio
Uno spazio che, come dice il titolo del libro, è caratterizzato da varianti. Infinite varianti. A ognuna di esse corrisponde una scelta possibile. Fare in modo che questa scelta sia quanto più possibile libera dai condizionamenti perpetrati dai pendoli cui tutti siamo esposti, e responsabile, è ciò che più di ogni altra cosa merita la nostra attenzione.
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Articolo di Margherita Cardetta per generazionebio.com
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