Ci siamo lasciati sul finire dell’anno scorso con l’immagine di un treno e di una rosa sulla neve. Spesso, alla fine di una giornata, di un anno, di una determinata esperienza, si tende a meditare su ciò che non è andato come avremmo voluto, su ciò che continua a non andare come “dovrebbe”, lì fuori, intorno a noi. Gli esempi sono talmente capillari e invadenti che non resta che tacere di fronte ad essi e a chi se ne avvale per sostenere la tesi secondo cui saremmo ramoscelli esposti a bufere che non abbiamo scelto, provocato e che, quindi, non meritiamo. A questo proposito vorrei proporre alla vostra attenzione alcune riflessioni di Daniel Goleman (psicologo di fama internazionale, noto soprattutto come autore del bestseller “Intelligenza emotiva“) e di James Allen (pensatore semi-sconosciuto vissuto poco più di un secolo fa e considerato dai più pioniere dell’odierna saggistica motivazionale). Entrambi sottolineano l’importanza che una mente concentrata è in grado di avere nella nostra vita, spesso inconsapevolmente frammentata e dissipata in una miriade di occupazioni e preoccupazioni che ci impediscono di vagliare accuratamente ciò che davvero vale la pena notare e fare, di volta in volta. Così permettiamo al brusio dei fatti, delle notizie del giorno, delle provocazioni-reazioni-opinioni altrui di sommergerci, e cadiamo nell’equivoco di non avere dentro di noi altro che un confuso materiale di scarto dal quale è sempre più complicato difenderci.
È opinione comune che individui e nazioni possano raggiungere una maggiore prosperità soltanto attraverso una ricostruzione politica e sociale. Ma tale ricostruzione non potrà essere efficace a meno che gli individui che compongono la nazione si dedichino alla pratica delle virtù morali (…): non esiste decreto legislativo capace di rendere prospero un paese, né di prevenire la rovina di un essere umano o di una nazione i quali trascurino la ricerca e la pratica della virtù, cedendo alla decadenza*
Ogni lamentela decade di fronte alla scoperta del potere che ha la nostra consapevolezza, ovvero la nostra attenzione:
il muscolo cognitivo che ci permette di seguire un racconto, di portare a termine un compito, di imparare e di creare (…). Se siamo totalmente assorti nei nostri pensieri, non ci accorgiamo neppure delle altre persone. (…) L’antidoto peruna mente vagante consiste nella meta-consapevolezza, ossia nel prestare attenzione all’attenzione stessa, come quando ci accorgiamo che non ci stiamo accorgendo di ciò che dovremmo e spostiamo di conseguenza la nostra concentrazione**
Allen parla di virtù morali, Goleman di concentrazione mentale. Termini che indicano una trama di fili invisibili a cui gli eventi sembrerebbero estranei. Se così fosse, allora potremmo pensare con assoluta certezza che nulla nella nostra vita abbia valore e costituisca in sé e per sé un valore. VALORE, dal verbo VALERE. Vale ciò che ha forza, potere intrinseco. Vale ciò che rappresenta un punto di riferimento a fronte di opinioni e condizioni che cambiano continuamente. Vale ciò che corrisponde a un intimo senso di giustizia universale, quello per cui ogni creatura che si impegni per il bene meriterebbe il bene. Quando vediamo soffocato e contraddetto questo senso di giustizia siamo portati a perdere fiducia, a ritenere debole e ininfluente il nostro effettivo o ipotetico aderirvi. Il piano estrinseco degli eventi sembra indifferente al sottile richiamo dell’etica. Ma il punto è un altro: come agiamo di fronte a questo ordine di pensieri? Da che parte facciamo pendere l’ago della bilancia nel nostro piccolo eppure intero e integro specchio interiore? Siamo tra chi “tanto è inutile credere nei valori” o tra chi “io ci credo comunque”? Perché, per me, questo VALE? I nostri valori diventano forti solo se e quando ci facciamo ispirare da essi nonostante tutte le evidenze contrarie. La forza si sviluppa, non è manna che possa scendere a buon mercato dal cielo: si sviluppa negli ostacoli, grazie agli ostacoli, come un muscolo. Una mente debole, che non crede in quegli stessi valori di cui pure lamenta l’assenza nella condotta altrui, non potrà mai scoprire il potere di quei valori. Una mente debole renderà sempre più forte ciò che le si impone. Goleman ha dedicato “Focus“, il suo ultimo lavoro, ‘al benessere delle generazioni a venire’. Alla loro prosperità, chioserebbe Allen. Ripartiamo da qui, iniziamo così questo 2015 insieme, con l’intento di concentrarci sui valori che arricchiscono (salvandola) la nostra vita, a cominciare dal valore dell’attenzione. Siamo noi la generazione a venire, la generazione di chi sopporta e tollera solo per il tempo necessario a un cambiamento forte. E perché sia forte dobbiamo renderlo attivo ogni giorno in noi stessi, senza permettere a chi costruisce rovine di imporci modelli e alibi. Cominciamo dal valore dell’attenzione che fa crescere tutto ciò su cui si indirizza. Cominciamo col sottrarre la nostra attenzione a ciò che non va bene per investirla su ciò che ha bisogno di cure per crescere e per poter dire un giorno, presto, la sua. L’attenzione è moneta sonante: attenzione, quindi, a chi e a cosa prestiamo il suo raggio di luce, perché a quel qualcuno e a quel qualcosa essa si voterà, anche se a parole ci dichiareremo ad essi nemici, contrari.
* Daniel Goleman, Focus, Rizzoli
** James Allen, Gli otto pilastri della prosperità, Anteprima Edizioni
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Articolo di Margherita Cardetta per generazionebio.com
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