Ci chiediamo mai perché un farmacista che vede pazienti tutto il giorno, tutta la settimana e per tutto l’anno riesce a non ammalarsi? Com’è possibile che dopo aver incontrato 20 persone colpite dall’influenza e pur senza essere vaccinato un medico possa restare sano? Come mai una persona che non ha mai fumato viene colpita da cancro ai polmoni, mentre il fumatore incallito da 50 anni è completamente sano? Come mai le donne separate o divorziate sono quelle che registrano una percentuale maggiore di cancro al seno? E come mai non tutti gli uomini vengono colpiti dal cancro alla prostata?
Per rispondere a queste domande è sempre più diffusa e riconosciuta la tesi secondo la quale la causa di una malattia più che esterna, sarebbe piuttosto interiore. Sono solo i dogmi e i condizionamenti a imporci di creare un collegamento esterno per ogni malattia: virus, batteri, tabacco, sole, ecc. Così la medicina convenzionale produce farmaci che attaccano quella fantomatica causa, quel nemico che attacca da fuori. Farmaci che spesso, apparentemente, funzionano, ma che non spiegano mai la ragione per cui così tante donne divorziate vengano colpite dal cancro al seno.
Il legame tra psiche e malattia non è una novità e si può trovare anche nelle civiltà più antiche, come nella medicina cinese. Sulle scie degli studi di Sigmund Freud, il dottor Georg Groddeck aveva evidenziato il trauma psicologico per spiegare la malattia. Riuscì anche a fare di meglio: a mettere nelle mani del paziente l’evoluzione della malattia e persino il suo recupero. Egli riteneva infatti che fosse il paziente l’unico a poter guarire se stesso, entrando in contatto con la causa profonda del suo disturbo.
Molti altri medici sono andati nella stessa direzione, chiedendosi se davvero la malattia fosse una coincidenza, come siamo abituati a credere.
L’uomo non tollera né le grandi delusioni, né le aggressioni o i grossi cambiamenti nella sua vita. L’interruzione di una attività o di un rapporto importante possono diventare una mancanza crudele, sia dal punto di vista mentale che emotivo, sino a diventare difficile da sopportare anche a livello fisico.
Chi di noi non ha mai vissuto, almeno una volta nella vita, una malattia che è comparsa subito dopo un evento drammatico? Ascoltando le storie vissute di centinaia di migliaia di pazienti, non sembra esserci alcun dubbio, ormai, sul fatto che la malattia è spesso preceduta da uno shock. Ecco come mai è frequente osservare delle depressioni in risposta ad un lutto, ad una separazione, ad un fallimento professionale o ad una malattia grave di una persona cara. C’è anche un gran numero di malattie somatiche che sembrano dipendere da fattori molto profondi, come l’ulcera allo stomaco, gli sbalzi di pressione e le malattie cutanee. Alcuni sintomi compaiono dopo un trauma psichico in pochi minuti, ore o giorni. Altre vengono diagnosticate solo dopo diverse settimane o mesi.
A volte sono sufficienti una paura, un trasferimento forzato, una delusione, un conflitto professionale, preoccupazioni legate al denaro, la competizione a scuola, una caduta, uno spavento, un senso di colpa o un cattivo ricordo. Tutto ciò può favorire l’insorgere di una malattia, che appare come una compensazione simbolica di una sofferenza inespressa o repressa. Questa tesi va naturalmente a spiegare un gran numero di disturbi e di sintomi, oltre che incidenti della vita quotidiana, che si esprimono sotto la guida di un cervello strategico, che dirige l’orchestra simbolica di ciò che capita.
L’essere umano quando viene colpito da un trauma o da una frustrazione tenta di colmare quella mancanza che si è creata a livello emotivo e lo fa in maniera provvisoria e artificiale. Ecco cosa si intende per compensazione simbolica. Si tratta di un meccanismo universale, , utile a ritrovare l’equilibrio perduto, che evita lo scompenso di fronte a una realtà che non si vuole accettare. Un meccanismo generato dall’inconscio, senza che la persona se ne renda minimamente conto.
La compensazione simbolica è quella che sta dietro la scelta di un vestito, un comportamento, un lapsus, una malattia e persino un incidente. Nulla avviene mai casualmente. Tutto ciò che viene generato dall’inconscio nasconde una sofferenza repressa.
Il meccanismo della compensazione si applica non solo alle malattie, ma a tutti gli intoppi della vita.
Questa compensazione, però, non elimina il problema di fondo. Rattoppa solo una situazione in disequilibrio che va poi razionalizzata. Una volta che la persona è cosciente di cosa c’è dietro, allora e solo allora riuscirà a trovare una soluzione e persino a guarire.
L’essere umano soffre tutte le volte che accade un evento contrario alle sue attese e che lo obbliga, volente o nolente, a reagire. Quando la sofferenza patita è inespressa, rischiando così di perturbare il suo equilibrio, ecco che un meccanismo inconscio di compensazione è allora necessario per ristabilire simbolicamente la stabilità perduta. Questa compensazione, all’apparenza assurda, è il sintomo che si manifesta a posteriori: non risolve il problema e per di più ci fa ammalare.
– Giorgio Mambretti
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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