Perché mangiamo più di quello che ci occorre? Qual è la causa di questo fenomeno in continua espansione?
Per 50.000 anni o più, gli esseri umani avevano le funzionalità basate su un ormone naturale che si chiama leptina, che regolava tutto ciò che mangiavano e comunicava al cervello quando l’organismo ne aveva abbastanza. In qualche modo, però, negli ultimi anni questo regolatore è diventato confuso e all’improvviso le persone non sanno più come smettere di mangiare.
La risposta di questo fenomeno sta nella comprensione della biochimica cerebrale, dove i segnali che comunicano al cervello che siamo sazi non funzionano più correttamente.
La leptina è un ormone prodotto dal tessuto adiposo, che trasmette messaggi importanti. Sebbene molti pensino che il cervello sia all’apice della catena alimentare, in termini di prendere decisioni sulla funzionalità del corpo, il cervello in realtà dipende dai grassi, che gli raccontano quanta energia ha a disposizione l’organismo e gli dicono come comportarsi.
Un numero sempre crescente di prove dimostra che la leptina può influenzare aree del cervello che controllano l’intensità del desiderio di mangiare. E’ stato anche scoperto che la leptina non solo modifica la chimica del cervello, ma può anche riorganizzarne i collegamenti di quelle importanti aree del cervello che controllano la fame e il metabolismo. La maniera in cui l’organismo immagazzina i grassi è un processo accuratamente regolato, controllato in primo luogo dalla leptina. In caso di aumento di peso, i grassi in eccesso producono una quantità extra di leptina, che dovrebbe avvertire il cervello di smettere di immagazzinare i grassi e di iniziare a bruciare quelli che si sono accumulati in eccesso.
Per fare questo, i segnali di smettere di mangiare e di essere affamati vengono inviati al cervello. E’ importante che il cervello sia capace di sentire i messaggi inviati dalla leptina, altrimenti esso penserà che siate a corto di nutrimento e continuerete ad avere i crampi della fame. Di conseguenza, sarà il cervello stesso a farvi continuare a mangiare e immagazzinare più grasso.
L’epidemia di obesità che si sta diffondendo dipende dal fatto che molte persone sono diventate leptino-resistenti.
La resistenza alla leptina si verifica quando il corpo non è in grado di sentire in modo appropriato i segnali inviati dalla leptina. Come avviene questo? Attraverso una sovraesposizione ad alti livelli di ormoni, causati da un’alimentazione eccessivamente ricca di zucchero.
E’ stato dimostrato che lo zucchero viene metabolizzato e immagazzinato come trigliceridi nelle cellule grasse; queste rilasciano picchi di leptina che causano leptino-resistenza. A quel punto il corpo non è più in grado di ascoltare i messaggi che gli chiedono di smettere di mangiare e bruciare grassi, così il senso di fame persiste e si immagazzina più grasso. Questo non solo contribuisce all’aumento di peso, ma aumenta anche il rischio di molte malattie croniche, poiché la leptina gioca un ruolo significativo, se non primario, nelle malattie cardiache, diabete, osteoporosi, malattie autoimmuni, disordini riproduttivi e sul tasso di invecchiamento stesso.
Inoltre, troppo zucchero stimola eccessivamente il centro del piacere del cervello, portando alla dipendenza. Quando si mangia lo zucchero si innesca la produzione di oppioidi naturali del cervello, che avviano il processo di dipendenza. Essenzialmente, il cervello sviluppa una dipendenza verso la stimolazione del rilascio dei suoi stessi oppioidi. L’intensità di questo effetto è molto simile a quello di morfina ed eroina.
I ricercatori ipotizzano che quei recettori presenti sulla lingua che hanno vissuto la loro evoluzione quando la dieta era generalmente povera di zucchero, non si siano adattati all’onnipresenza attuale di zucchero della dieta moderna. Pertanto, la stimolazione abnorme di questi recettori genera segnali eccessivi nel cervello, portando alla dipendenza.
L’effetto non è molto diverso da quello che si verifica con alcol, morfina, cannabis e cocaina. E proprio come la dipendenza da queste sostanze, anche quella per lo zucchero può essere mortale.
Lo zucchero è altamente tossico per l’organismo ed è un fattore causale del cancro, come fumo e abuso di alcol.
Nella dieta occidentale, si arriva a consumare fino a due tonnellate di zucchero nell’arco di una vita. Anche il fruttosio non è da meno, visto che è un agente infiammatorio, che crea i prodotti nocivi finali della glicazione avanzata e accelera il processo di invecchiamento. Inoltre promuove quella pericolosa crescita delle cellule di grasso intorno agli organi, segno distintivo di diabete e malattie cardiache.
Occorre tenere a mente che ci sono anche altri alimenti ricchi di carboidrati che, una volta assunti, si trasformano in zucchero nel nostro organismo, andando a peggiorare la situazione. Piane bianco, pasta, dolci, biscotti e caramelle diventano glucosio.
Si può smettere di mangiare così tanto zucchero?
La risposta è sì. Eliminarlo è il modo più efficace per liberarsi dai possibili rischi illustrati. Per chi fosse alle prese con una vera e propria dipendenza da zucchero (pressoché chiunque ne consumi o includa nella propria dieta alimenti come quelli indicati in precedenza, o condimenti per l’insalata) il primo passo da compiere è sostituire lo zucchero con un dolcificante naturale. La stevia o l’agave sono i migliori sostituti dello zucchero, sono naturali e non provocano né dipendenza né effetti dannosi. Inoltre, è bene ridurre quegli alimenti che si trasformano in zuccheri nell’organismo.
Per contrastare la dipendenza e il vero e proprio effetto astinenza dei primi giorni, può risultare utile ricorrere all’utilizzo del patch SP6 Complete di LifeWave. Quest’ultimo è in grado di rimettere in equilibrio quei processi che portano alla dipendenza, riducendo quindi il continuo desiderio di assumere zuccheri. Il tutto in maniera assolutamente naturale, sfruttando i principi dell’agopuntura ma in maniera non invasiva. Il dispositivo, una volta applicato, interagisce con l’ipotalamo, permettendo nuovamente al cervello di percepire il messaggio di sazietà che non era più in grado di codificare.
Photo by Kashfia
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Articolo di generazionebio.com
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