Ognuno di noi ha la facoltà di determinare chi è e di correggere le proprie imperfezioni. Questo è lo scopo di qualsiasi percorso di evoluzione personale che si intraprende.
Per iniziare a conseguire qualche risultato, però, è importante mettersi in movimento e fare esperienza.
Solo con un passaggio all’azione la vita si sistemerà, ma ciò non potrà avvenire se prima non impariamo a considerare noi stessi come un miracolo unico della natura; accettando anche tutti i nostri difetti e godendo dell’esistenza così com’è.
Purtroppo, spesso tutte queste considerazioni rimangono bloccate sul piano teorico, dal quale non nasce alcuna azione concreta. Mettersi in movimento non è facile, in effetti, poiché sulle nostre spalle portiamo il peso di modelli e standard acquisiti, oltre che l’onere di convenzioni e restrizioni.
Tutto resta, pertanto, fermo a una sorta di spiritualità da divano.
Per liberarsi dalle zavorre, occorre compiere 3 azioni specifiche, che Vadim Zeland definisce “tre conseguimenti”.
- Mai concentrarsi sui propri difetti, pena la sensazione di essere sempre inferiori. Questo porta a uno stato distruttivo, dove i difetti risultano addirittura aggravati. È necessario entrare in uno stato più costruttivo, per la qual cosa sarà utile la seconda azione.
- Occorre avere un fine che infonda ispirazione ed entusiasmo nella vita, ma anche beneficio per sé e per gli altri. Non averne uno può portare a sentirsi apatici, privi di una direzione. Sarà allora difficile mettersi in movimento. Senza il quale, non c’è nemmeno energia. Il trucco è allora trovare un fine recondito, così da passare all’azione verso qualcosa, qualsiasi essa sia.
- Non è detto che il fine recondito corrisponda subito alla propria missione di vita. Ciò che conta è concentrarsi sul suo sviluppo, cosa che ha luogo solo se si accende una scintilla. In questo modo, ci si attiva per perfezionarsi – uscendo dalla sensazione di inferiorità – e realizzare qualcosa.
Niente avviene per magia, restando sdraiati sul divano a filosofeggiare. Un fine si raggiunge solo quando ci si mette in movimento. Perché così si muove, parallelamente, anche la realtà.
La missione di vita comparirà poi lungo la via, purché si vada avanti con costanza e senza battute d’arresto. Spesso ci si imbarca in percorsi spirituali che sembrano subito troppo faticosi e onerosi. Quindi, si abbandona. La verità è che è molto più faticoso restare fermi senza fare nulla, in uno stato di di pigrizia.
Una strategia consiste nel seguire il percorso dettato dal cuore, perché è il solo e unico completamente nostro, che non ci fa deviare sulle orme altrui. Le esperienze degli altri non vanno copiate: concedersi di essere unici in tutto è un vero e proprio lusso.
In definitiva, il primo insegnamento da integrare è che la metafisica da divano, da sola, non porta a nulla. Inutile rimanere fermi, immobili e comodi a rompersi la testa facendosi domande su quale sia la propria missione e su come trovarla.
Una volta impostato il fine di mettersi in movimento, le risposte giungono di conseguenza. Quanto tempo ci vorrà non è dato saperlo. Ad alcuni la risposta possibile potrebbe non piacere: è probabile che ci voglia tutta una vita, perché la nostra intera esistenza dovrebbe essere basata sullo sviluppo e sul perfezionamento di noi stessi.
In caso contrario, andremmo inesorabilmente incontro al degrado.
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Fonte: Tafti La Sacerdotessa di Vadim Zeland
Foto di Freepik
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