Molte persone vivono la difficoltà di realizzarsi nella vita, senza avere consapevolezza di quanto siano gli schemi familiari ereditati a ostacolarle in modo silenzioso.
La famiglia rappresenta un sistema molto complesso, nel quale può celarsi un invisibile intreccio di aspettative che tiene legati tutti i suoi membri e che si basa sulla consanguineità.
Queste aspettative, pur non sempre manifeste, influenzano poi, quasi mai in modo sano, il singolo individuo nelle sue esperienze, nei suoi desideri, pensieri e sensazioni.
Lo psicoterapeuta Ivan Boszormenyi-Nagy ha declinato il tutto in una sua personale lettura del sistema famiglia, che ha definito lealtà invisibili.
Una lealtà di sangue che può portare il singolo membro a sacrificare la sua intera esistenza nel perseguire scopi che non derivano dalla sua individualità, ma dalle aspettative di altri, queste ultime spesso basate su credenze e inibizioni.
Condizioni, queste, che pur stando molto strette, vengono accettate per paura di perdere l’amore e l’attenzione di genitori, nonni e fratelli e di essere ripudiati.
Sono contratti familiari che si basano su tattiche manipolative e giochi di potere, dove il singolo percepisce su di sé il peso di obblighi che, se disattesi, generano il senso di colpa.
È per lo più il senso del dovere a mantenere viva questa lealtà invisibile, una responsabilità che nasce quasi sempre dalla devozione nei confronti del genitore o dell’immagine che si ha di lui. È la percezione di essere in debito e di doverlo ricompensare per le sue cure a tenere in piedi questo senso di lealtà, mantenendo gli impegni attesi e vivendo all’altezza delle aspettative del nucleo famigliare, che spesso approfitta di questo potere emotivo.
Allora si strutturano pensieri e comportamenti che appartengono alla famiglia, che vengono fatti propri meccanicamente, come se fossero verità assolute. Si viene indotti a rispettare obblighi o doveri morali, a limitare il proprio piacere per la vita, in un costante gioco al massacro di negoziazioni, nell’ambito di una dinamica di dare-ricevere che contribuisce al perpetrarsi di questo schema.
Se è vero che gli interessi degli altri membri vanno considerati, contemporaneamente il singolo ha il diritto di preservare il proprio benessere senza immolarsi.
Ci sono persone che non hanno il coraggio di trasferirsi altrove per non ferire i famigliari, oppure che rinunciano a vivere liberamente un amore per timore di ritorsioni. Così facendo, però, non fanno altro che perpetuare ciò che può a tutti gli effetti considerarsi una carenza del proprio sistema familiare e una tendenza all’involuzione, o quanto meno alla stasi evolutiva. Una famiglia dovrebbe ispirare, dovrebbe volere il successo e la gioia degli altri membri, anziché vedere la felicità dell’altro come una minaccia, magari perché questa non rispetta certi canoni. Una famiglia sana comprende che ognuno dei suoi membri ha un suo percorso di vita, che può e deve scegliere in autonomia e che sarà proprio questo a portare evoluzione in tutto il nucleo.
L’unica lealtà che si dovrebbe avere è verso se stessi. Senza dovere nulla a nessuno, senza lasciarsi sacrificare e restando fedeli ai propri desideri più intimi. I quali rappresentano l’unica vie per la realizzazione più genuina. Anche perché un figlio intrappolato in questo senso di lealtà famigliare finisce spesso per dare in maniera unilaterale, impoverendo se stesso. Talvolta, poi, colto da una rabbia cieca e dal risentimento, finirà per proiettare queste mancanze sul partner, come forma di rivincita per avere subito per anni un trattamento ingiusto.
La prima cosa da fare è rendersi conto di questo schema, perché solo così sarà possibile rimuoverlo. La lealtà famigliare può essere figlia sia della mancanza che dell’eccesso di amore. Anzi, questi meccanismi sono tanto più tossici quanto più è simbiotica l’unità familiare: questo può infatti creare difficoltà nel singolo a trovare la propria autonomia, dal momento che questa potrebbe rappresentare un tradimento verso il nucleo familiare.
L’allontanamento fisico non è quasi mai la soluzione definitiva: occorre, semmai, fare un lavoro di presa di distanza dal sistema emozionale familiare, per liberarsi dalla trama distruttiva in cui si rimarrebbe altrimenti intrappolati.
Uno dei passaggi fondamentali è che i genitori accettino che i figli sono cresciuti e che è giusto che si assumano la responsabilità della propria esistenza, senza affogare nel senso di colpa.
Vivere non significa espiare alcun presunto peccato, ma aprirsi a nuove possibilità e andare nella direzione che si percepisce più adatta a sé. Pazienza se le aspettative della famiglia verranno disilluse: l’unico rischio, decidendo di osare, è di arrivare un giorno, da parte di tutti, alla comprensione che solo allentando il guinzaglio e disfandosene ha avuto luogo una crescita evolutiva per ogni membro.
![]() | La reciprocità nella terapia familiare intergenerazionale |
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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