Viviamo in un mondo sempre più complesso. Se prima le limitazioni erano legate alla realtà fisica e all’esperienza personale, oggi è tutto ancora più limitato e controllato.
Abbiamo intorno un mondo sempre più basato sulla tecnologia, che appare meraviglioso per certi versi, ma disastroso per altri.
Un mondo informatico e virtuale che, sostenuto da Internet e dalle restrizioni imposte, ha fatto venire meno l’esigenza di muoversi, di fare esperienze individuali e sociali, di vivere nella realtà materiale.
È sufficiente sdraiarsi sul divano, la sera, per immergersi in una realtà che è più simile alla finzione. Ma che è l’unica che al momento viene concessa.
È come se fosse in atto una guerra silente e subdola, che non coinvolge forze militari, ma tutti i civili e la loro coscienza di massa.
Il nostro mondo è diventato quello dei serial, tanto è il tempo che si passa davanti agli schermi, saltellando da un titolo all’altro. Questo fenomeno crea dipendenza e staccarsi dal monitor diventa sempre più difficile. Ma non si tratta solo di questo: anche le scelte nel quotidiano vengono influenzate pesantemente da storie che si impadroniscono della nostra mente e che nulla hanno a che vedere con la vita vera.
Le serie tv hanno un potere ipnotizzante, che genera dipendenza pari ai narcotici. È plausibile pensare che a una persona non passi nemmeno lontanamente per la testa, ad esempio, di aderire a una protesta in strada durante la messa in onda del nuovo episodio della sua serie preferita.
Poi ci sono i videogiochi e la nota storia di generazioni di ragazzi giapponesi che non lasciano la loro casa per mesi, perché rapiti dal loro schermo.
L’umanità ha raggiunto un livello molto basso nella necessità di soddisfare i principali bisogni materiali. Non si ha paura di morire di fame, ad esempio, perché la gioia effimera che videogiochi e programmi tv insinuano negli individui illudono che questi possano sostituire la vita reale.
Il mondo fisico smette allora di essere interessante e viene percepito come un mito, qualcosa che ci si accontenta di guardare su una cartolina.
Tutti questi fenomeni assumono il ruolo di un narratore collettivo. Guidano il nostro umore, proprio come i social media.
Viviamo immersi dentro gli intrighi costruiti nei talk show e nelle tribune politiche, senza dimenticare i programmi frivoli che di scaraventano dentro a una montatura, che ci ipnotizza e ci fa perdere il senso della realtà. Ecco perché stiamo diventando inerti. Fisicamente, ma anche mentalmente. L’uomo moderno è un uomo pigro ed è un uomo che sta vedendo, negli ultimi anni, il suo quoziente intellettivo medio sempre più in calo.
Se i libri e le tipografie avevano contribuito in passato a creare un’umanità che, svagandosi con un libro in mano, aveva goduta della crescita della sua intelligenza, oggi la tendenza sta cambiando. In peggio.
Abbiamo gravi deficit dell’attenzione che ci colpiscono sin da piccoli e la nostra mente sta cedendo il passo a un’intelligenza artificiale sempre più invasiva e castrante.
Tutto questo perché fuori, nel mondo vero, non ci sentiamo più al sicuro. Ci sentiamo sospinti ovunque. Minacciati. Solo restando davanti a uno schermo sentiamo di riuscire a tenere vivo il potere che avevamo prima, senza però renderci conto che stiamo diventando a poco a poco degli zombie.
Lo scenario è abbastanza spaventoso, pur essendo un momento di passaggio. Se ne uscirà solo rendendosi conto che si è persa la prospettiva della vita reale e che la verità è ciò che si tocca e si vede. Non quella che raccontano i media.
La parola d’ordine è una sola: svegliamoci!
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Articolo di generazionebio.com
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