La medicina convenzionale, oggi, tende ad essere farmaco-centrica e focalizza la sua attenzione sul sintomo, allo scopo di sopprimerlo, ignorando l’importanza di un’indagine approfondita delle cause che favoriscono la malattia.
Non è dato sapere con certezza il numero dei contagiati da Covid-19, dal momento che manca una diagnostica su larga scala. Per quanto i dati siano limitati, le statistiche ci indicano però che l’81% dei positivi al tampone non manifesta sintomi, oppure lo fa in modo limitato.
A rischio non sono solo le persone anziane: ciò che determina una condizione di maggiore suscettibilità è la fragilità di un soggetto. Oltre alla presenza conclamata di comorbidità, è bene tenere presente anche l’infiammazione cronica latente che, in modo totalmente silente, colpisce le persone indebolendo il sistema immunitario.
Prendere coscienza di questo è importante, perché aiuta a comprende come rimanere chiusi in casa non sia la sola forma utile di protezione. Si può fare molto di più e lo si può fare a monte.
Convivere con qualsiasi virus è possibile e doveroso: basta sapere come fare, così da non arrivare alla scelta estrema di limitare la libertà personale e di movimento.
Ricercare nuovi farmaci e nuovi vaccini non è sufficiente, se non si approfondisce la ragione per cui una così grande parte della popolazione non si ammala. Si intuisce inoltre, alla luce di tutto ciò, come i soli antidoti per proteggersi in attesa di una cura o di una profilassi non sono il distanziamento sociale e la mascherina. C’è molto altro e non va ignorato.
Nel Medioevo per proteggersi contro la grande peste si ricorreva a delle maschere che coprivano naso e bocca, imbevute di sostanze aromatiche; le case venivano sbarrate e le città disinfettate con grandi falò; le strade venivano pulite e irrorate con aceto, acqua di rose e profumi.
E’ mai possibile che nel XXI secolo non vi sia stata alcuna evoluzione in tal senso?
In verità, oggi conosciamo molto bene numerose strategie efficaci di prevenzione. Il problema è che queste non vengono sufficientemente divulgate.
La direzione della medicina dovrebbe essere quella di ritornare ad un approccio ippocratico, che mira al mantenimento della salute dell’uomo nel corpo e nella mente, e non si limita a distruggere il sintomo una volta che questo è insorto.
Un virus non entra in un terreno sterile uguale per tutti: ecco perché non tutti ne risentono allo stesso modo. Se un virus fosse davvero letale, tutti soccomberebbero.
Il virus non è un organismo vivente, non ha un metabolismo proprio: tutto dipende dal suo ospite.
Non basta la presenza di un germe per generare la malattia: sarà un organismo debilitato ad essere meno resistente.
Questo spiega chiaramente come mai una percentuale così alta di persone contagiate non sviluppa la malattia o lo fa in modo blando.
La chiave è l’epigenetica di un soggetto, che include il tipo di alimentazione, l’attività fisica svolta, il livello di stress neurovegetativo a cui è soggetto, l’ambiente in cui vive e la sua genetica.
Tutti questi fattori influenzano la salute o la malattia, che sono due stati tutt’altro che casuali.
Motivo per cui oggi non si può più prescindere dall’elaborare delle strategie adeguate per il mantenimento della salute, lavorando principalmente sul terreno.
Per essere sani è indispensabile rispettare le esigenze fisiologiche e biologiche dell’organismo, assumendosi totalmente la responsabilità della propria salute e smettendo di delegare ad altri una cosa che dovremmo tutti impegnarci in prima persona di mantenere in equilibrio ogni giorno.
Lo stato di infiammazione latente che, alla lunga, conduce a maggiore suscettibilità e quindi alla malattia dipende dalle scorie che il corpo non è in grado di eliminare. Si tratta di materiale di scarto che non dipende solo dal cibo, ma anche dalla mancata esposizione alla luce e all’aria, dallo scarso movimento, dalle complesse relazioni affettive e sociali e dalla difficoltà a gestire le proprie emozioni.
Non è semplice oggi non essere esposti a infiammazione, visti tutti i fattori che concorrono a questa condizione. Si può però intervenire per ridurla. Se l’infiammazione viene meno, non si instaura neanche la malattia.
La cosa più importante che dobbiamo imparare oggi è che la salute dipende da noi stessi. Nessuno di noi è una macchina da riparare, da trattare con obblighi e imposizioni. Siamo piuttosto dei soggetti con cui un terapista moderno dovrebbe porsi in relazione in modo personalizzato e in un certo senso interattivo.
Il podcast che segue contribuisce ad approfondire il tema e mostra come sia ormai un dovere individuale e sociale accogliere un nuovo paradigma di prevenzione, l’unico in grado di garantire il mantenimento di un livello adeguato di salute a lungo termine, di proteggere dagli agenti esterni più aggressivi e che permette di vivere una vita piena e soddisfacente, in piena sicurezza e responsabilità.
Il Podcast Prevenzione Olistica e Benessere: un nuovo paradigma (4° puntata del Podcast di Generazione Bio) è disponibile anche su:
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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