Quante volte ci sorprendiamo a ricorrere ai colori per definire un’emozione? Tanto spesso da non rendercene nemmeno conto, spesso perché si usano in maniera meccanica espressioni prese in prestito dalla saggezza popolare.
In tutto questo, le metafore legate al fegato si sprecano e non è casuale, poiché questo organo è coinvolto in moltissimi stati mentali e simboleggia in primis la rabbia, ma anche diverse emozioni che ne derivano.
Le funzioni del fegato
Il fegato è coinvolto in tre principali funzioni del corpo umano:
- funzione esterna – partecipa alla formazione e alla secrezione della bile, attivamente coinvolta nel processo di base di digestione; aiuta il cibo a muoversi attraverso il tratto digestivo e ad essere assorbito
- funzione interna – metabolismo, equilibrio ormonale, nutrimento del sangue
- funzione di barriera – protegge il corpo dalle tossine e dalle sostanze nocive
Il fegato associato al sentimento di invidia
La bile ha il ruolo di ammorbidire il cibo, di schiacciarlo e dissolverlo, rendendolo disponibile all’assimilazione. Il fegato, che produce la bile, rappresenta il processo digestivo per il corpo ma è coinvolto nella funzione di diverse ghiandole.
Un processo analogo viene svolto dalla psiche, che integra l’esterno nell’interno e trasforma oggetti, situazioni e processi che appartengono alla realtà esteriore, portandoli dentro di noi sotto la forma di conoscenza, abilità ed esperienza.
Spesso la necessità di integrare qualcosa di nuovo nasce dalla comparazione con qualcosa che altri già hanno. Si desidera ottenere la stessa cosa e spesso questo stimolo sorge da una forma di invidia.
Allo stesso modo in cui saliva e succhi gastrici dicono al corpo qual è il cibo desiderato, la sensazione di invidia ci comunica che abbiamo la necessità di qualcosa.
L’invidia allora diventa un segnare, un indicatore delle nostre esigenze. In genere, questo sentimento è il primo anello di una lunga catena di sentimenti e di azioni. Viene spesso seguito dall’avidità, dal desiderio di possesso, dalla rivalità, dall’aggressività. Ma anche nell’ambizione, nel trionfo e nella vittoria. E’ come se il sentimento avesse una sua dinamica e venisse elaborato dal sistema.
Quando il fenomeno invidioso non segue questo processo o, peggio, ci porta a sentirci inadeguati ad ottenere un certo obiettivo, è come avere davanti a noi il cibo che però è troppo duro per essere masticato, o troppo grande da mettere in bocca. Come se ci trovassimo nel piatto un cheeseburger a più strati e non lo potessimo in alcun modo addentare: il succo gastrico viene secreto, la bile viene rilasciata, ma nello stomaco non c’è nessun alimento.
E’ lì che avviene la reazione del corpo, che si traduce in uno stomaco che, affamato, brucia. Oppure nella sensazione di nausea, dal sapore amaro che ancora una volta coinvolge la bile.
L’invidia che diventa qualcosa di ardente e di distruttivo può consumare letteralmente chi la prova. Questo succede anche quando, considerata una pessima sensazione da provare, viene repressa come qualcosa di cattivo e vergognoso.
Il sentimento ristagna, non si trasforma e non viene elaborato. A livello del corpo può trasformarsi in ittero (in fegato non fa il suo lavoro e nel sangue anziché la bile entra la bilirubina) e nella bile che ristagna, dando luogo a colelitiasi, ovvero la presenza di calcoli nella colecisti.
Da lì anche il volto assume un colorito innaturale, che può andare dal verde al giallo. Proviamo dolore per ciò che non possiamo avere e nemmeno ce ne rendiamo conto. Gli antichi usavano anche fare riferimento alla bile nera, per rappresentare la malinconia.
Quando siamo deboli come individui, non siamo in grado di realizzare i sentimenti e di metterli in moto. Allora faremo ricadere questa mancata elaborazione sul tratto digestivo, con un grande difficoltà ad assimilare le sostanze (quindi le idee).
Solo un’individualità molto forte è capace di digerire ciò che vuole, perché è protetto dai desideri impossibili e quindi dall’invidia. L’elaborazione avverrà in maniera totalmente diversa, prevenendo qualsiasi disturbo come conseguenza. Ecco perché diventa sempre più importante, quando il corpo si ammala, non limitarsi a considerare l’aspetto fisico del sintomo, ma indagare e trattare anche i livelli mentale ed emotivo.
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Articolo di generazionebio.com
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