Negli ultimi anni si è diffuso sempre di più l’utilizzo dell’Ayahuasca, nell’ambito di ritiri spirituali sia in territorio occidentale, che nel corso di viaggi organizzati in Sud America. L’obiettivo è quello di assumere un preparato particolare, che deriva da una pianta utilizzata dagli indigeni per condurre delle cerimonie sacre.
Chi consuma questa bevanda sperimenta episodi di allucinazioni a breve termine, che molti descrivono come fortemente evolutive.
Il principio attivo responsabile di queste visioni psichedeliche è una molecola, nota come dimetiltriptamina (DMT).
Di recente, alcuni ricercatori hanno scoperto che nel cervello dei mammiferi vi è una diffusa presenza di questa sostanza. Questa evidenza rappresenta il primo passo per studiare in modo più preciso il DMT e comprendere il suo ruolo nel cervello umano.
La DMT non si troverebbe, quindi, esclusivamente nelle piante.
La ricerca è stata avviata quasi per caso. Prima di arrivare a questo argomento specifico, lo studio si era concentrato sulla produzione di melatonina nella ghiandola pineale.
Già nel XVII secolo il filosofo Descartes aveva affermato che l’epifisi, piccolo organo a forma di pigna collocato al centro del cranio, fosse la sede dell’anima.
Nonostante questo, però, la ghiandola pineale, associata al terzo occhio, è sempre stata avvolta dal mistero.
Oggi gli scienziati sanno con certezza che l’epifisi è responsabile della produzione di melatonina e che svolge un ruolo importante nella modulazione dei ritmi circadiani.
Un documento in particolare, che illustra il lavoro del ricercatore Rick Strassman, protagonista di un esperimento dove alcuni soggetti umani avevano ricevuto il DMT per via endovenosa, ha ispirato le ricerche successive. Gli individui coinvolti, interrogati una volta che gli effetti della sostanza erano svaniti, avevano portato Strassman ad ipotizzare che la pineale produca e rilasci DMT.
Da questa ipotesi si è allora passati all’intento di dimostrare che la DMT fosse una monoamina endogena. La cosa sarebbe stata abbastanza facile da effettuare, grazie all’utilizzo di un rilevatore di fluorescenza.
Ricorrendo a un processo che ha utilizzato un tubo per microdialisi, inserito nel cervello di un ratto attraverso la ghiandola pineale, i ricercatori hanno raccolto un campione che, una volta analizzato, ha confermato la presenza di DMT.
Di seguito, si è cercato di capire dove il DMT fosse sintetizzato. E’ stato dunque avviato un esperimento che ha utilizzato un processo di ibridazione in situ, volto a localizzare una specifica sequenza di RNA in una sezione di tessuto.
Grazie a questo metodo, sono stati rilevati, non solo nella ghiandola pineale, dei neuroni cerebrali con i due enzimi necessari per produrre il DMT. Questa sostanza si può riscontrare anche in altre aree del cervello, come la neocorteccia e l’ippocampo, importanti per le funzioni cerebrali di ordine superiore, tra cui apprendimento e memoria.
I risultati di questi test sono riportati sulla rivista Scientific Reports.
Tutto ciò va a dare supporto alle affermazioni empiriche secondo cui questa sostanza psichedelica ci permetterebbe di rimanere in connessione con la nostra anima, anche senza assumerla in altro modo.
Il fatto è che oggi sappiamo che i ratti sono in grado di produrre ampie quantità di DMT, ma si può solo supporre che questo valga anche per gli umani. Di certo questi esperimenti mettono le basi per ulteriori accertamenti da eseguire in futuro, così da avere le idee più chiare in merito.
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Articolo di generazionebio.com
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