Quello della memoria dell’acqua è un argomento assai controverso, che quasi sempre accende dibattiti veementi tra chi confuta totalmente la tesi e chi la sostiene con forza.
Mentre la discussione prosegue incessante, in Germania la ricerca sta facendo passi da gigante e mette in luce risultati davvero affascinanti. Tanto da portare qualcuno a esporsi a tal punto da definirli la “scoperta del millennio”.
Gli studi sono stati eseguiti presso l’Aerospace Institute dell’Università di Stoccarda e potrebbero contribuire a un cambio di prospettiva nell’osservazione del mondo e di come funziona.
Ricorrendo a delle risorse elementari, sono state condotte delle ricerche approfondite, che hanno rivelato una verità sorprendente.
Esaminando le singole gocce di acqua ingrandite ad un grado molto elevato, i ricercatori sono stati capaci di distinguere fisicamente, per ciascuna, un proprio modello individuale, ognuno diverso dall’altro. Si sono dunque chiesti da cosa potesse dipendere questa differenza.
Nell’ambito dell’esperimento, a un gruppo di studenti è stato chiesto di attingere dallo stesso specchio di acqua una goccia ciascuno, contemporaneamente. Attraverso l’esame delle singole gocce, si è dimostrato come ciascuna si presentasse con un aspetto differente.
A quel punto, l’esperimento è andato avanti: un fiore è stato immerso in un corpo idrico e, successivamente, è stata prelevata una provetta di acqua da esaminare. Tutte le goccioline di acqua sono apparse simili l’una all’altra, una volta osservate al microscopio. Come se in ogni goccia si potesse riconoscere il fiore utilizzato, una petunia. La stessa cosa è stata poi fatta utilizzando un’altra specie di fiore, il garofano: le gocce erano diverse da quelle attinte dall’acqua in cui era stata immersa la petunia, ma – ancora una volta – molto simili tra di loro.
Questo fa quindi pensare che l’acqua abbia veramente una memoria. I ricercatori sono convinti che l’acqua, mentre scorre, raccolga e immagazzini informazioni da tutti i luoghi che attraversa e da tutto ciò con cui viene in contatto. Che, quindi trattenga l’energia a cui viene esposta.
Se si pensa ad un corso d’acqua, quella che giunge alla foce contiene certamente più informazioni rispetto a quella che sgorga dalla sorgente.
Allora gli oceani non saranno più qualcosa che separa un continente dall’altro, ma un potente contenitore di “dati” che riguardano tutti noi; allo stesso modo, le gocce di pioggia convogliano moltissime informazioni sul terreno dove cadono.
Se si restringe il campo al corpo umano, considerata la sua composizione per il 70% a base di acqua, noi stessi reagiamo alle influenze esterne e alle vibrazioni elettromagnetiche.
Oggi sono numerosi gli esperimenti che dimostrano anche l’impatto della musica e degli ultrasuoni sull’acqua e, di conseguenza, sulle nostre cellule.
Questa teoria è stata proposta per la prima volta dall’immunologo francese Dr. Jacques Benveniste, in un articolo assai contestato, pubblicato su Nature nel 1988 per spiegare il funzionamento dell’omeopatia.
Noncuranti del polverone che una argomento simile è in grado di alzare ogni volta, in Germania si è continuato ad esplorare. A guidare la maggior parte delle ricerche è stato il Prof Bernd Kröplin, ingegnere e accademico, da cui è stata tratta l’ispirazione per proporre conferenze, libri e persino mostre internazionali sul tema.
Due sono i libri di riferimento per approfondire la questione e per ammirare le meravigliose foto effettuate con il microscopio, che mostrano come si modifica la struttura delle gocce di acqua e sono entrambi curati da Kröplin. Si tratta di The World in a Drop e Water and its Memory.
Il video che segue riassume quanto spiegato finora in modo dettagliato:
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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