Le perdite più importanti sono quelle che coinvolgono qualcosa o qualcuno che consideriamo come parte di noi, con cui ci identifichiamo profondamente.
Perdere qualcosa che per noi ha valore solo marginale può essere fastidioso, magari procurare attimi di rabbia, ma non avrà mai un impatto viscerale su di noi. Questo succede perché rappresentiamo quella cosa solo a livello razionale o emotivo. Quando vi è un legame di identità, viene coinvolto il cervello enterico, ovvero la pancia. E’ proprio il cervello addominale, infatti, ad essere coinvolto nell’elaborazione dell’identità e dell’autoconservazione.
Quando perciò si perde qualcosa che la pancia ritiene faccia parte di noi, la reazione che avremo di fronte a questo sarà dettata dall’istinto. La ragione è molto semplice: il cervello addominale è quello che si è evoluto per primo ed è anche il primo a svilupparsi nel grembo materno.
Il primo passo per affrontare una perdita importante, dunque, e alleviare il dolore è analizzare come la persona o la cosa veniva rappresentata semanticamente. Ci identificavamo con quella persona o con quella cosa andata persa? Abbiamo la sensazione che con essa sia andata perduta anche una parte di noi, che mai più tornerà?
Se le cose stanno così, per superare il dolore è necessario trovare il modo per rappresentare quella cosa o quella persona come separata e ben distinta da noi. Per fare questo, bisogna trovare il modo per digerire letteralmente l’esperienza a livello enterico. Solo così anche la mente e il cuore saranno inondate da un senso di calma e di pace. Questo passaggio è estremamente importante.
Prima di ogni cosa è necessario concentrarsi sul riequilibrio del sistema nervoso autonomo, che innerva i nostri molteplici cervelli; non solo quello encefalico (testa) ma anche quelli che sono stati promossi alla stessa stregua dalle moderne Neuroscienze: cervello cardiaco (cuore) ed enterico (intestino). Il sistema nervoso autonomo si suddivide a sua volta in simpatico e parasimpatico. Quando è il primo a dominare, ci troviamo in uno stato di profondo stress; quando prevale il secondo, invece, ci sentiamo depressi e demotivati. C’è anche una terza possibilità, ovvero che sistema simpatico e parasimpatico si combattano a vicenda. Questo succede spesso di fronte al dolore e alla perdita.
Il cuore è in sofferenza, pertanto provoca stress nel sistema. Ma, allo stesso tempo, l’intestino depresso induce una risposta nel parasimpatico. Questo meccanismo sta alla base dei repentini cambiamenti emotivi che accompagnano i processi di lutto.
Quando si vive un lutto importante, si è come su un’altalena, dove la negazione, la rabbia e la disperazione si alternano. Il dolore inizierà ad alleggerirsi solo quando subentrerà l’accettazione.
Questo stato si può generare solo con un sistema nervoso autonomo equilibrato. Quando vi è questo presupposto, anche testa, cuore e pancia inizieranno a comunicare in maniera ottimale tra di loro, condizione questa imprescindibile per l’elaborazione della perdita. Se il lutto non viene digerito (ecco perché è importante l’integrazione del cervello addominale), non può essere superato. Motivo per cui, se l’accettazione è limitata alla razionalità e alle emozioni, basterà un piccolo ricordo per far ripiombare nella disperazione.
Esercizio di riequilibrio per allineare testa, cuore e pancia
Prima di ogni altra cosa, è utile concentrarsi sul valore e sull’importanza che ha avuto per noi la persona o la cosa che è andata perduta. Si porta poi a livello del cuore il senso di apprezzamento e di celebrazione di tutto ciò che rendeva quella cosa o persona speciale per noi.
A questo punto, è necessario eseguire degli esercizi di respirazione, in maniera da trasferire questa sensazione alla testa, dove l’esperienza sarà arricchita da un senso di apprezzamento creativo, poi alla pancia – sempre attraverso il respiro – dove il ricordo si rafforzerà di una sfumatura di coraggio, quella di accettare la realtà. La respirazione dovrà essere calma e bilanciata: si inspira per 6 secondi e si espira per altri 6 secondi, mantenendo costante questo ritmo.
Gradualmente, ricorrendo alla visualizzazione di tutto ciò, si inizierà a percepire ciò che è andato perduto come qualcosa di separato da noi. Si ritornerà a sentirsi integri, a riappropriarsi della propria identità, mantenendo un senso di apprezzamento e di celebrazione del ricordo. Questo è il modo migliore per guarire.
Questo non significa dimenticare. Significa scoprire che ciò che non c’è più in realtà si trova dentro di noi e che il valore che ha apportato nella nostra vita non potrà mai svanire. Ma solo capendo questo a livello viscerale persino l’esperienza della perdita può rivelarsi un momento di trasformazione e di evoluzione profonda.
Saper trascendere la paura e la tristezza che una grave perdita può causare non è facile. Sapere però che esistono dei modi per attraversare il dolore, imparare a gestirlo e tornare in equilibrio – quando si è pronti – può dare da subito in senso di forte sollievo.
Un ulteriore aiuto, magari da accompagnare all’esercizio di visualizzazione e di respirazione indicato, viene fornito da una delle meditazioni neuroacustiche prodotte da Lenni Rossolovski presso il suo Advanced Mind Institute. Attraverso l’ascolto in cuffia della traccia L’elaborazione del lutto (clicca qui per scaricare), sarà più semplice alleviare la sofferenza, facilitando così il ritorno alla vita normale e addolcendo i tempi di recupero, stimolando quell’energia vitale che, in circostanze così dolorose, viene meno.
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Articolo di Monica Vadi per generazionebio.com
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