Il racconto mitologico di Cupido (Eros per i greci) e di Psiche è uno di quei pochi non ancora totalmente assimilati dalla cultura moderna.
L’autrice francese Jeanne-Marie Leprince lo ha adattato in qualche modo al più celebre La bella e la bestia, con delle evidenti correlazioni ai testi antichi che non sono stati ben riconosciuti.
Cupido viene quasi sempre raffigurato come un cherubino che ha la passione per le frecce; in quanto a Psiche, il suo mito non è altrettanto diffuso.
Eppure, nel mondo antico l’amore tra Cupido e Psiche era ben documentato e apprezzato dagli studiosi. La sua forma originale greca è andata purtroppo perduta, ma ci ha pensato lo scrittore latino Apuleio a tramandarne la storia.
C’era una volta…
La narrazione di Cupido e Psiche inizia come la maggior parte delle fiabe moderne: ci sono un regno, una figlia con un peso insormontabile sulla sua testa, una prova da superare e una morale conclusiva.
Un re e una regina danno alla luce 3 figlie, ma solo la terza possiede una bellezza ultraterrena. Apuleio spiega come la sua bellezza fosse così sorprendente da non poterla esprimere con la povertà del linguaggio. La voce sulla sua bellezza si diffuse piuttosto velocemente, tanto da arrivare all’orecchio della dea Venere. Quest’ultima non accolse benevolmente il fatto che la bellezza di Psiche fosse paragonata alla sua e considerata da molti addirittura superiore. Allora Venere incaricò il figlio Cupido di usare una delle sue frecce del desiderio per assicurarsi che Psiche si innamorasse del più mostruoso tra gli esseri umani.
Cupido, come sempre obbediente, scese sulla Terra per eseguire il compito. Ma rimase così incantato dalla bellezza della mortale, da restare lui stesso colpito dal dardo. Da quel momento, si innamorò perdutamente della principessa.
Intanto, i genitori di Psiche compresero che la bellezza della figlia aveva infastidito gli dei e che nessun mortale l’avrebbe chiesta in sposa. Implorando il tempio di Apollo, Psiche apprese di essere destinata non ad un amante mortale, non al celibato, ma che il suo futuro marito la attendeva sulla cima della montagna. Nè gli dei né gli umani avrebbero potuto opporsi a questo destino. Psiche allora decise di seguire il suggerimento dell’oracolo.
Dalla cima della scogliera più alta, abbigliata con abiti funebri, Psiche si lasciò spazzare via dal vento dell’ovest e portata in una valle sorprendente al centro della quale si ergeva un palazzo così maestoso che era chiaro come solo gli dei avessero potuto costruirlo. In mezzo agli alberi lussureggianti, Psiche comprese presto che quella sarebbe stata la sua dimora e che lì si sarebbe manifestato suo marito. Uno sconosciuto senza volto iniziò a visitarla ogni notte, per fare l’amore con lei nell’oscurità. Nonostante la tenerezza espressa dallo sconosciuto, Psiche era ossessionata dall’idea che si trattasse in realtà di un mostro.
Il tradimento di Psiche
Un giorno Psiche permise alle sue due sorelle di farle visita; queste si rivelarono molto gelose della sua bella casa e continuavano ad insistere che il marito fosse davvero un mostro e che era giusto che lei lo scoprisse. Così, Psiche finì per rompere l’unica richiesta del marito, quella di lasciare che il suo volto rimanesse segreto. Una goccia di olio cadde dalla lampada che Psiche aveva acceso per guardarlo in faccia e Cupido si svegliò, nella sua maestosa bellezza; angosciato dal tradimento, fuggì. Sconvolta, Psiche iniziò a cercarlo, viaggiando per molti giorni, fino a giungere al tempio di Cerere, la dea del grano.
Cerere ordinò a Psiche di arrendersi a Venere e accettò di provare a completare tre compiti, apparentemente impossibili. Anzitutto, la principessa doveva separare i grani del magazzino del tempio di Venere in mucchi di orzo, miglio, fagioli, ecc. Poi, Psiche avrebbe dovuto rubare la lana d’oro da un gregge di pecore; infine avrebbe dovuto viaggiare negli inferi e chiedere a Proserpina un po’ della sua bellezza, che avrebbe donato alla dea dell’Amore. Questo compito richiedeva tuttavia una ulteriore sfida: che Psiche tenesse la scatola dove sarebbe stata riposta la bellezza completamente chiusa, per evitare ripercussioni.
Psiche era ignara del fatto che Cupido la stesse spiando per cercare di aiutarla. Istruì le formiche per aiutarla a ordinare i grani; poi chiese al dio del fiume di darle istruzioni su come rubare il vello dal pastore; infine, Psiche ricevette un consiglio divino su come superare i pericoli dell’Ade.
Il fallimento dell’impresa, che era stato previsto da Venere, giunse quando Psiche, molto turbata dalle prove che aveva dovuto superare, aprì la scatola e venne sopraffatta dal sonno, un sonno così profondo da farla sembrare morta. Fu a quel punto che Cupido, stanco di restare separato dalla sua innamorata, volò in suo aiuto, sollevandola verso il cielo e implorando Giove di intercedere con sua madre. Fu così che Venere decise di sollevare la sua terribile maledizione dalla ragazza e che Psiche si svegliò, trasformandosi in un’immortale, sposata felicemente con il giovane dio dell’Amore.
Dietro a quella che sembra una fiaba d’amore, si cela in realtà una prospettiva molto più ampia. Psiche perde il suo amato e lo potrà riavere solo dopo avere superato una serie di prove. Ma la parola psiche significa Anima. Dietro alle peripezie che Psiche affronta, si nascondono i diversi stadi che l’anima deve attraversare per raggiungere la consapevolezza di sé. Ogni prova rappresenta il difficile percorso che porta alla conoscenza dell’essenza del vero amore. Anche personaggi secondari nascondo una simbologia ben precisa: Venere, le sorelle e i mostri mitologici altro non sono che i pericoli e le tentazioni a cui l’anima è sottoposta e che deve affrontare per compiere la sua evoluzione.
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Articolo di generazionebio.com
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