Quante volte ci siamo sentiti dire che bisogna fidarsi del proprio istinto? Spesso, nonostante la nostra società sia più orientata al predominio della ragione, l’istinto è quello che ci offre i migliori consigli.
Dove nasce il nostro istinto?
Da quello che Michael Gershon, professore del Dipartimento di Anatomia e Biologia Cellulare presso la Columbia Universiti negli Stati Uniti chiama il secondo cervello: quella rete di neuroni che circonda il nostro intestino e che contiene più di 100 milioni di neurotrasmettitori che fanno molto più che occuparsi della digestione del cibo.
Gershon ha scoperto che il sistema nervoso enterico si collega direttamente al sistema cerebrale che si trova alla base del cranio, supportando il passaggio delle informazioni al cervello attraverso ipotalamo e ipofisi. Uno scambio di informazioni che sta alla base anche del nostro stato di salute o di malattia.
Non è ancora stato chiarito se il secondo cervello sia in grado di formulare un pensiero cosciente, o se giochi un ruolo davvero così importante nel nostro processo decisionale. Ma si tratta di un sistema troppo complesso perché le su funzioni siano così ridotte come si pensava fino ai tempi recenti.
Il secondo cervello riveste un ruolo importante nel nostro benessere emotivo e nelle nostre motivazioni istintive. Emeran Mayer, professore di fisiologia, psichiatria e scienze del comportamento sostiene che molte delle nostre emozioni sono probabilmente influenzate dai nervi del nostro intestino.
Quando ad esempio sentiamo le farfalle nello stomaco, questo è un segno di disagio che il nostro sistema percepisce e che viene rilevato dai moltissimi neurotrasmettitori, il cui numero è superiore persino a quelli presenti nel midollo spinale o nel sistema nervoso periferico.
Da questa scoperta incredibile, appare chiaro come le nostre emozioni siano direttamente correlate alla fisiologia. Quando siamo stressati, ansiosi o nervosi, avviene simultaneamente uno scambio di informazioni che si traduce tra la mente e l’intestino e che può persino essere alla base di diabete, obesità e grasso addominale.
Il primo a compiere dei passi importanti in questo campo fu Mark Lyte, che iniziò ormai più di 30 anni fa la sua carriera cercando di dimostrare che i microbi intestinali comunicano con il sistema nervoso, sfruttando le stesse sostanze neurochimiche che inviano messaggi al cervello. Questo lo portò a teorizzare che vi fosse una connessione tra lo stato mentale ed emotivo e i batteri nell’intestino.
Nel 2007 la comunità scientifica ha annunciato il lancio di un progetto di microbioma umano, che cataloga tutti i microrganismi viventi nel corpo attraverso una serie di test. Da allora i biologi sono diventati sempre più consapevoli del fatto che parte di ciò che ci rende umani dipende dall’attività microbica nel corpo.
I 2 milioni di geni batterici in ogni microbioma umano che costituiscono i 23000 geni delle nostre cellule sembrano insignificanti, a confronto. Questi microbi nel nostro intestino secernono sostanze chimiche e Lyte scoprì che si tratta delle medesime che i nostri neuroni usano per comunicare e regolare l’umore: dopamina, serotonina e GABA.
Tutto questo porta ad un conclusione chiara, ovvero che quello che siamo è esattamente ciò che mangiamo e proprio per questa ragione prendersi cura del proprio intestino è il primo passo da compiere verso la propria salute.
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Articolo di generazionebio.com
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